Il disastro causato dalla moria di palme secolari in Liguria è sotto gli occhi di tutti e la lotta alla causa: l’infestazione da punteruolo rosso langue nonostante la presenza di tecnici che si dichiarano in grado di poterla sconfiggere e sembrano dimostrarlo quotidianamente.
Per questo motivo ospitiamo un intervento di un docente dell’Istituto Tecnico Agrario Bernardo Marsano e tecnico del verde, che vuole essere uno spunto di riflessione e un avvio di una discussione aperta a quanto vorranno intervenire con le proprie opinioni e convincimenti:

La Liguria è una Regione miracolata poiché sul nostro territorio il punteruolo rosso delle palme ha fatto la sua comparsa con circa 10 anni di ritardo rispetto a quanto avvenuto in molti altri territori della penisola.
Questo ritardo ha di fatto permesso ai ricercatori di predisporre tecniche di difesa che sono in grado ora di prevenire l’attacco dell’insetto con una percentuale di successo prossima al 100%.
Un “vantaggio” che avrebbe permesso di mantenere intatto o quasi il patrimonio di palme a differenza di quanto invece avvenuto altrove.
L’arrivo dell’insetto ha colto forse alla sprovvista quanti avrebbero dovuto affrontarlo con tempestività e con interventi rapidi e decisivi. Alcuni tecnici, forse troppo sicuri delle proprie capacità e poco inclini ad aggiornarsi professionalmente, hanno contribuito a diffondere la fake news secondo cui la lotta al parassita era impossibile.
Questa affermazione, priva di qualsiasi base scientifica, ha così iniziato a circolare decretando come vedremo, la perdita di tutte le palme “canariensis” pubbliche presenti sul nostro territorio.
Ma anche nel settore privato si sono verificate le condizioni che hanno favorito la debacle poichè molti proprietari di palme sono stati vittima di giardinieri e tecnici dell’ultima ora i quali, interessati forse più all’aspetto economico dell’emergenza che alla vera salvaguardia del patrimonio arboreo, si sono talvolta inventati rozzi ed inefficaci sistemi di lotta aumentando in molti l’opinione che la lotta all’insetto fosse davvero inutile!
Per esempio è opinione prevalente che la permanenza del prodotto irrorato a pioggia, con le cannule che si vedono scorrere lungo lo stipete della pianta, è limitata a circa 10 giorni; i costi di intervento e le difficoltà operative rendono pertanto difficilmente attuabile la tecnica “a pioggia” che dovrebbe essere ripetuta 3 volte al mese per garantire un minimo di efficacia.
Forti di questi insuccessi molte istituzioni hanno ulteriormente avvalorato la tesi secondo la quale “non è possibile salvare le palme”.
E‘ bene quindi ora affrontare alcuni aspetti della questione, primo tra tutti: quale valore ha una palma?
Esistono alcuni sistemi per calcolare il “valore” di una pianta, sebbene per certi versi risulti impossibile decretare alcuni di essi quali: i “valori affettivo e paesaggistico” essendo questi “impagabili” dal punto di vista monetario.
Il valore economico di una palma si può calcolare con il “sistema svizzero” che raccoglie alcuni dati quali indice di presenza, aspetto di una pianta, luogo di ubicazione; questi dati sono moltiplicati per specifici coefficienti che alla fine permettono di ottenere il “valore economico della pianta”.
In questo modo si scopre che anche il valore monetario di una palma “centenaria” è enorme, pari a decine di migliaia di Euro…comunque un nulla rispetto al citato valore affettivo, paesaggistico, storico di un esemplare.
Un ‘altro aspetto da non sottovalutare è quello legato al taglio e sostituzione delle piante morte.
Quanto costa abbattere una palma? Gli operatori di settore calcolano circa Euro 100,00 a metro di altezza, oltre a circa 500 Euro per il solo capitello, sempreché la pianta si trovi vicina ad una strada ove sia possibile lavorare con cestello e gru per il movimento dei tronchi.
Prima di effettuare il taglio, però, occorre rivolgersi ad un tecnico abilitato per predisporre una pratica di richiesta di autorizzazione all’abbattimento, con relativi costi.
Dopo il taglio si dovrebbero prevedere le necessarie sistemazioni dell’area, certamente danneggiata durante le operazioni precedenti (es rifacimento prato, rottura piante limitrofe, pulizia area).
Al taglio deve seguire la sostituzione con una nuova essenza, comunque mai maestosa come quella tagliata; i lavori di messa a dimora completano questo iter.
Per concludere non si può fare a meno di pensare che la nuova pianta potrebbe comunque non attecchire!
Secondo la mia esperienza E’ bene sottolineare che quasi mai le palme vengono sostituite, sebbene i regolamenti vigenti lo impongano.
Prima di procedere oltre bisognerebbe riflettere su quanto accaduto nel corso di questi ultimi lustri sul nostro territorio: è passata inosservata la scomparsa di quasi tutti gli olmi a seguito dell’attacco di grafiosi; anche i bossi sono pressoché spariti a seguito dell’attacco di piralide; i pini hanno subito una decimazione durante le importanti tormente degli ultimi anni.
Quasi mai alla perdita di queste piante ne è seguita la doverosa sostituzione.
Sarebbe bene ricordare che gli alberi non hanno una funzione esclusivamente “di arredo” ma garantiscono invece la nostra sopravvivenza. Posti lungo i viali delle nostre città non solo forniscono ossigeno ma sono in grado di assorbire lo smog, mitigando il clima e riducendo l’intensità dei rumori.
Ma torniamo ad analizzare l’aspetto legato al punteruolo rosso. E’ davvero, come sostengono alcuni esperti internazionali “nostrani” un insetto immortale?
Gli studi e le analisi di laboratorio effettuate all’estero sostengono che l’insetto può essere efficacemente contrastato attuando un protocollo di lotta ormai consolidato in alcune nazioni.
Ma quali sono i costi ed i limiti di questo protocollo?
La domanda apre più risposte innanzitutto perché i costi sono sempre legati a numerosi fattori ravvisabili principalmente sul numero di piante da trattare ed il luogo ove sono situate.
Si tratta comunque sempre di un costo nettamente inferiore rispetto al taglio di una pianta poiché si attesta normalmente su poche decine di euro.
Sebbene i detrattori dell’endoterapia sostengano che la tecnica prevista sia pericolosa ed invasiva, appare ben evidente che nulla è più dannoso della morte di un esemplare: per capire l’entità del danno basti dire che l’invasività è davvero marginale poiché consiste in una puntura effettuata sul tronco con un ago da siringa, gli stessi aghi utilizzati per le punture degli esseri umani.
Purtroppo l’endoterapia sulle palme ha una efficacia ridotta nel tempo rispetto a quanto avviene su altre piante dove i benefici permangono per anni; è così necessario intervenire più volte nel corso dell’anno con i cosiddetti “richiami”.
Per inciso, esistono alcuni principi attivi che potrebbero permanere nelle foglie per lunghi periodi di tempo ma non essendo autorizzati ne è vietato l’uso.
Ovviamente una deroga che ne permettesse l’utilizzo potrebbe di fatto favorire una più facile ed economica lotta al parassita.
Esiste anche un fungo antagonista capace di “aggredire” la chitina, il rivestimento del corpo dell’insetto, portando a morte l’esemplare.
Questo prodotto, autorizzato su altri coleotteri e perfettamente funzionale, non può essere utilizzato per la lotta al punteruolo rosso in quanto non ne risulta autorizzata l’irrorazione.
L’unica arma a nostra disposizione è quindi un unico prodotto, il Vertimec (abamectina) che comunque garantisce, in prevenzione, la completa uccisione di tutte le larve degli insetti presenti sulla pianta.
Gli insuccessi della tecnica endoterapica potrebbero essere legati solo alla mancata traslocazione del prodotto verso l’apice, dovuta ad una parziale interruzione dei canali vascolari ad opera, per esempio, di roditori. Il problema, assai raro, si potrebbe presentare esclusivamente su piante molto alte e può essere annullato con iniezioni effettuate sulla sommità del tronco.
Alcuni sostengono che la lotta al parassita potrebbe essere perpetua e questo imporrebbe di lasciare le piante al loro destino, ma anche questo aspetto è molto discutibile poiché il parassita certamente sparirà quando avrà esaurito tutte le piante vulnerabili “non trattate”, non avendo null’altro di cui nutrirsi e comunque, come accade per ogni insetto “alieno” nel giro di alcuni anni si sviluppano quei predatori naturali in grado di contrastarne o frenarne la voracità
Vi è infine un ultimo ma non meno importante aspetto della vicenda: c’ è chi sostiene che i trattamenti abbiano costi ed efficacia tali da non rendere la lotta “economicamente conveniente”.
E’ bene ribadire ancora una volta che le palme sono ormai da centinaia di anni parte integrante del nostro paesaggio e caratterizzano, o caratterizzavano, lo skyline della nostra Regione quanto e forse più dei pini e dei cipressi.
Se è vero che non sono specie autoctone, potrei aggiungere che non lo sono al pari di quasi tutte le piante che siamo ora soliti apprezzare (agrumi, castagni, platani, olivi solo per citarne alcuni).
Ed allora ben venga la progressiva scomparsa……progressiva per l’appunto. Perché sarebbe stata doverosa almeno la salvaguardia degli esemplari più belli e rappresentativi del nostro territorio, in attesa che le giovani piante inserite in sostituzione di quelle morte, crescendo, potessero “mostrarsi” rendendo a quel punto “meno dolorosa” la perdita per cessate cure di quegli esemplari mantenuti in vita “forzatamente” fino ad allora con la terapia preventiva.
Ormai il tempo delle parole e dei fatti è terminato. La quasi totalità delle palme pubbliche è intaccata anche se i segnali del danno appariranno a noi nel prossimo maggio; a quel punto la debacle sarà visibile a tutti.
Genova, la mia Genova, sarà meno verde e molto più grigia.
Con rammarico è il caso di stendere un velo pietoso su questa vicenda che ci vede tutti perdenti.
Posso solo auspicare una cosa, a monito per il futuro: Genovesi, riflettete ma soprattutto RICORDATE, non dimenticate quanto è successo.