Genova – Condannare l’Italia per l’ingiusto sequestro dei beni di Erido Moscatelli, ex segretario generale dell’Autorità Portuale di Genova, processato sei anni fa e poi assolto con formula piena per la vicenda legata alla cassa integrazione dei lavoratori della Compagnia Unica.
Questa la richiesta avanzata dall’ex funzionario alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Moscatelli, processato per truffa ai danni dello Stato è stato poi riconosciuto innocente dal giudice per l’udienza preliminare Annalisa Giacalone, per insussistenza del fatto.
Con il ricorso, presentato nei giorni scorsi alla Corte di Strasburgo dall’avv. Massimo Ceresa-Gastaldo – il penalista genovese e professore dell’Università Bocconi che insieme all’avv. Corrado Mauceri aveva difeso Erido Moscatelli nel processo per la “CIGS” dei portuali – viene denunciata la violazione dei diritti umani da parte del nostro Paese. In particolare, l’infrazione dell’art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione, in tema di protezione della proprietà, e degli artt. 6 e 7 della Convenzione, in tema di equo processo e di legalità delle sanzioni, per un sequestro che secondo le decisioni della Corte Europea risulta non solo privo dei requisiti di legalità, ma anche palesemente sproporzionato, eseguito nonostante fosse chiaro sin dall’inizio che Moscatelli non aveva percepito un solo centesimo dalla pretesa attività illecita.
Già nel 2008 il giudice per le indagini preliminari, Franca Borzone, lo aveva detto chiaramente, nel respingere la richiesta di sequestro di tutto il patrimonio dell’allora Segretario Generale del Porto avanzata dai pubblici ministeri Walter Cotugno e Romeo Morisani: il preteso indebito indennizzo è finito, casomai, nelle casse della Compagnia o nelle tasche dei “camalli”, non certo in quelle di Moscatelli.
La stessa cosa, per ben due volte, aveva ripetuto il Tribunale della libertà, rigettando gli appelli della procura, finché alla fine la Cassazione non aveva annullato anche la seconda ordinanza e il Tribunale, chiamato per la terza volta a decidere sulla questione, aveva dovuto cedere e disporre il sequestro dei beni: abitazione, auto, conti in banca, crediti. Persino il conto corrente della madre (poi dissequestrato dal giudice) e gli importi per le parcelle dei suoi avvocati.
Da quel momento in poi, il procedimento si è arenato. Fino al febbraio 2012, quando i pubblici ministeri hanno deciso di chiedere il rinvio a giudizio. Il processo, concluso nel 2013, ha accertato l’assoluta innocenza di Moscatelli, per insussistenza dei fatti di reato contestati; e solo a questo punto, dopo quattro anni di ingiusta privazione, gli sono stati restituiti – non senza ulteriori peripezie – i beni che gli erano stati sottratti.
La decisione di Moscatelli nasce dalla convinzione profonda che altri non debbano subire un trattamento ingiusto, lesivo dei diritti umani e che sia illecito ridurre letteralmente sul lastrico una persona sulla base di un sospetto, e costringerla dopo anni, quando si è chiarito che il sospetto era infondato, a dover ancora lottare per tornare in possesso dei suoi beni.