Genova – La Corte di Giustizia europea bacchetta l’Italia per l’assenza del reato di tortura nel codice penale e la condanna per i tragici fatti dell’irruzione alla scuola Diaz, durante il G8 del luglio 2001.
Una vera e propria doccia fredda per l’Italia il pronunciamento dell’alta corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha accolto il ricorso proposto da una delle vittime dei pestaggi compiuti da alcuni agenti di polizia all’interno della scuola dove dormivano inermi manifestanti anti G8 scambiati per pericolosissimi “black block”.
Nel ricorso presentato da una delle vittime del pestaggio, infatti, si legge che nonostante le terribili ferite ricevute e nonostante le prove fotografiche portate in tribunale e che ritraggono caloriferi insanguinati e pozze di sangue nelle stanze dove fecero irruzione i poliziotti, nessuno sia stato punito adeguatamente e, addirittura, alcuni dei protagonisti di quei tragici giorni hanno fatto “carriera” all’interno del corpo di polizia.
A far scattare la reprimenda dell’Italia, però, è anche il fatto che, secondo i giudici dell’Alta Corte, l’Italia non prevede in alcun modo il reato di tortura nel proprio ordinamento giuridico e questo ha causato indirettamente la giusta punizione ai responsabili del massacro definito da uno degli stessi agenti “macelleria messicana”.
In pratica, cioè, fatti analoghi potrebbero ripetersi senza che nessun protagonista sia condannato adeguatamente alla gravità degli episodi.
Secondo i giudici europei il ricorrente è stato vittima di tortura e nella stessa sentenza arrivano a dichiarare che nessuno dei colpevoli è stato punito, soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane.
Inoltre i giudici dell’Alta Corte di Giustizia hanno stigmatizzato il comportamento delle autorità italiane che non hanno permesso l’identificazione degli agenti che operarono all’interno della scuola Diaz impedendo di fatto alla vittima di chiamare in giudizio i presunti responsabili del massacro.