Milano – Un dipendente licenziato “per giusta causa” per aver postato sul proprio profilo Facebook commenti negativo contro la propria azienda.
Una sentenza destinata a suscitare grandi polemiche quella di un giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Milano che ha giudicato ammissibile il licenziamento per giusta causa per un lavoratore che aveva scritto commenti negativi contro il proprio datore di lavoro sul proprio profilo Facebook.
A scatenare la discussione anche la circostanza secondo cui, con le nuove normative, un datore di lavoro è autorizzato a sorvegliare il proprio dipendente attraverso gli strumenti di lavoro come tablet, smartphone e computer.
Il pericolo è che, estendendo il concetto di controllo, si possa aprire la strada all’uso di quanto pubblicato su facebook per eventuali contestazioni.
Già in passato alcune sentenze avevano preso spunto da pubblicazioni sui profili Facebook come, ad esempio, per dipendenti sorpresi in vacanza mentre dovevano essere in malattia e a casa, ma mai, prima d’ora, l’opinione espressa su un profilo Facebook era stata considerata sufficiente a giustificare un licenziamento.
Uno “sfogo”, un improperio contro il proprio superiore o contro l’azienda in cui si lavora, potrà, da ora in poi, costare il posto.
Un ulteriore elemento di riflessione per chi, da tempo, sostiene che i social network costituiscono fonti di informazioni molto sensibili per i proprietari dei profili e che non esistono ancora leggi adeguate a regolamentare la delicata questione della privacy, della libertà di opinione e del diritto a non essere controllato.