Alluvione a Genova

Genova – Un sopralluogo nei punti caldi dell’alluvione del 4 novembre 2011 nella quale persero la vita 6 persone e si registrarono danni per milioni di euro.
Ad organizzarla, il prossimo 4 Novembre, a 10 anni dal disastro i presidenti di SIGEA Liguria, Ordine Geologi della Liguria e tecnici dell’Università di Genova, che percorreranno con i giornalisti la valle del Fereggiano, sui luoghi più significativi dell’alluvione.

“Saremo nei luoghi dell’alluvione – spiega Guido Paliaga, presidente della società italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) della Liguria – mostrando alla stampa tutti i dettagli geologici. Partiremo alle ore 9 e 30 dalla zona alta di Genova, quella collinare, esattamente Piazzetta Degoli, con un briefing e proseguiremo fino all’imbocco dello scolmatore, terminando alla confluenza con il Torrente Bisagno ed anche questo luogo è particolarmente significativo per capire l’alluvione del 4 Novembre del 2011 che registrò ben 6 morti”.

In questi dieci anni sono state intraprese diverse azioni: tra queste la più rilevante è la realizzazione dello scolmatore che intercetta le acque del torrente in caso di piena e, mediante una galleria, le convoglia direttamente verso il lungomare di Genova, sottraendole al bacino idrografico del Bisagno e riducendo considerevolmente il pericolo di esondazione di quest’ultimo.

Al contempo poco o nulla è stato fatto lungo i versanti: fenomeni di instabilità superficiale si verificano regolarmente in caso di pioggia di elevata intensità. Negli ultimi dieci anni, solo prendendo in considerazione il territorio ligure, numerosi sono stati gli eventi di questo tipo, l’ultimo dei quali ha interessato Rossiglione (Ge) a inizio ottobre.

Inoltre, il quadro degli eventi estremi che si verificano sul territorio conferma un trend crescente in atto a partire dall’inizio degli anni 2000, con effetti al suolo che causano danni e purtroppo anche la perdita di vite umane.

Dunque i geologi, durante il briefing stampa itinerante, che si potrà seguire tutto ma anche solo nei luoghi maggiormente significativi, indicheranno queste potenziali criticità ma anche le soluzioni adottate.

“Le soluzioni di tipo strutturale, come gli scolmatori, sono le uniche possibili nei casi limite come quello del Fereggiano dove l’urbanizzazione incontrollata ha portato all’occupazione di ogni spazio disponibile nel fondovalle – ha affermato Paolo Airaldi, Presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria (ORGL)- sottraendolo anche agli alvei di torrenti e rii, oggi coperti per lunghi tratti e confinati in tombinature non di rado anguste; un’urbanizzazione che si è spinta lungo i versanti anche in presenza di pendenze molto elevate. In altre situazioni è possibile perseguire l’obiettivo della mitigazione del rischio geo-idrologico attuando interventi a più ampio spettro che non comprendono necessariamente drastiche e costose soluzioni strutturali”.

In una regione montuosa come la Liguria è indispensabile intervenire a scala di bacino idrografico che deve essere considerato alla stregua di un organismo: ciò che accade nelle parti interne e più elevate del bacino, solitamente poco o per nulla insediate, si ripercuote nella parte inferiore, di solito intensamente insediata.
Quindi prevenire significa occuparsi anche dell’entroterra e intervenire prima che le frane si inneschino, perché quel materiale, oltre a produrre danni localmente, una volta mobilizzato potrà facilmente raggiungere il reticolo idrografico, andare ad intasare rivi e torrenti e occludere le coperture che quasi sempre si trovano a margine o all’interno delle aree abitate. Gli effetti catastrofici si sommano così a quelli dell’acqua, ovvero delle alluvioni.

Programmazione e manutenzione

“In un quadro climatico in cui le intensità di pioggia sono in aumento – gli eventi che hanno colpito la Sicilia in questi ultimi giorni ne sono un’ennesima testimonianza – è indispensabile programmare ed effettuare periodicamente interventi di manutenzione del territorio in modo diffuso e mirato, agendo al manifestarsi dei primi sintomi di instabilità dei versanti. È altresì indispensabile procedere ad una efficace azione di ricognizione del territorio – ha concluso Airaldi – che porti a definire una scala di priorità delle aree più critiche per dare attuazione alle necessarie azioni di gestione e mitigazione. Il territorio è un’entità dinamica, soggetta a continui cambiamenti, pertanto il suo monitoraggio deve essere completo e costante: la conoscenza è infatti il primo passo necessario per ottenere la mitigazione del rischio. In questo quadro, alla luce dei nuovi scenari climatici è quanto mai urgente e necessario procedere ad un adeguamento sostanziale dei Piani di Bacino e delle previsioni di intervento in questi contenute.
La mitigazione del rischio geo-idrologico si può ottenere secondo le seguenti azioni e criteri: attività di ricerca valutazione e monitoraggio nel campo delle pericolosità e rischio geo-idrologico in aree urbane e periurbane (effetti antropici sui processi geomorfologici); Importanza degli interventi NON strutturali nelle attività di mitigazione del rischio: i) operano sul danno atteso (esposizione), ii) offrono efficienza e sostenibilità anche a breve termine, iii) incentivano e garantiscono la partecipazione attiva dei cittadini; Il concetto di assetto geo-idrologico è il criterio centrale per la valutazione dei rischi e per la pianificazione di uno sviluppo territoriale sostenibile; Incentivare e favorire la diffusione della cultura del territorio s.l., anche per la formazione delle coscienze in senso ambientale delle future generazioni, che siano così in grado di percepire le pericolosità naturali e inquadrarle nelle corrette dimensioni spazio-temporali”.