Castello di Vignolo - MezzanegoGenova – Gli uomini della Guardia di Finanza hanno sequestrato anche un castello sito nel comune di Mezzanego all’imprenditore del settore della Nautica finito insieme alla moglie nel mirino di accurati controlli anti evasione fiscale e contro i reati amministrativi.
I Finanzieri hanno confiscato, su ordine della Procura Generale presso la Corte di Appello di Genova un castello, del valore di oltre 560 mila euro, sito nel comune di Mezzanego, entroterra di Genova, riconducibile ad un imprenditore attivo nel settore della cantieristica nautica.
La disposizione sarebbe avvenuta a seguito di accertamento di reati fallimentari, tributari e contro la pubblica amministrazione commessi tra il 2010 ed il 2016 per un valore di oltre 2 milioni di euro.
L’immobile di pregio era già stato sottoposto a sequestro, nel febbraio del 2018, nell’ambito di indagini condotte dai militari della Compagnia di Chiavari, su delega della Procura della Repubblica di Genova, all’esito delle quali era stato svelato un complesso sistema di frodi con cui sono stati sottratti oltre 1,4 milioni di euro di fondi dell’Unione europea.
Dalle indagini eseguite dalle Fiamme Gialle liguri, con la collaborazione degli investigatori OLAF, emergeva che il gruppo di società interessato, guidato da una coppia di coniugi italiani, con partner in Francia, Romania a Regno Unito, avrebbe dovuto realizzare due prototipi di hovercraft, da utilizzare come veicoli nautici di emergenza in caso di incidenti ambientali.
Nel corso delle indagini emergeva che, per ottenere i finanziamenti, i due coniugi avevano falsamente attestato la sussistenza dei requisiti richiesti per l’esecuzione del progetto, nonostante un’oggettiva inadeguatezza strutturale ed economica delle società a loro riconducibili.
Per simulare l’effettivo sviluppo del progetto e distrarre i fondi, erano stati contabilizzati costi fittizi, attraverso l’indicazione nei bilanci delle società riconducibili alla coppia italiana, sia di falsi acquisti di carburante che di ore lavorative prestate dai collaboratori della società, in realtà mai svolte.
L’immobile di pregio apparteneva ufficialmente ad una società britannica, originariamente costituita dalla stessa coppia italiana e riconducibile ai condannati.
Inoltre i due coniugi, in qualità di amministratori di fatto di una società dichiarata fallita dal Tribunale di Genova, avvalendosi di un soggetto completamente all’oscuro delle vicende societarie, distraevano i beni dalla predetta società, concorrendo al dissesto della stessa e rendendosi responsabili della commissione dei reati di bancarotta fraudolenta.
All’esito del procedimento, la Corte di Appello di Genova, condannava i due coniugi per la commissione dei reati di truffa (art. 640 c.p.), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.), bancarotta fraudolenta (art. 223, comma 1, R.D. 267/1942), dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000) ed omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs.
74/2000), disponendo la confisca definitiva del castello.