Genova – C’è un luogo a Genova dove la focaccia che non viene consumata diventa risorsa preziosa per chi ha bisogno di nutrimento, un conforto fragrante che nasce da uno spreco potenziale e si tramuta, invece, in un piccolo argine alla solitudine e allo sconforto. Avviene intorno alle tavole che da qualche settimana, nei locali del centralissimo convento di “Santa Maria di Castello”, a ridosso del Molo, che ogni venerdì sera a cena accolgono una cinquantina di “vittime del mondo”, come chiama i suoi ospiti Sergio Musicò, responsabile di questa nuova mensa cittadina allestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23), fondata da don Oreste Benzi nel 1968.

Ci sono i senzatetto che usufruiscono dei dormitori della città, e poi ci sono i figli della disgregazione del ceto medio. Chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, chi non può fare la spesa, chi fa fatica ad andare avanti ed è solo al mondo, chi non mangia per giorni e ciononostante non riesce a pagare le bollette. La maggior parte delle persone è italiana, pochi i giovani. Perlopiù si tratta di anziani genovesi che prendono poco più di 200 euro di pensione, che non “non possono utilizzare il riscaldamento o accendere i fornelli, e vivono in case che così si tramutano in tane”, spiega Musicò: “si sentono come topi in cerca di cibo, mi ha detto uno di loro”.

E il cibo che qui trovano, nella mensa allestita in uno dei complessi religiosi più antichi di Genova, arriva da un celebre panificio di Recco, che mette a disposizione le focacce non vendute per qualche piccolo difetto di fattura, perché magari sono sotto peso o un pochino bruciacchiate, e sarebbero destinate ad essere gettate nella pattumiera.

“Ce ne danno a quintali e le conserviamo congelate”, racconta il responsabile della mensa: “Il resto – primi, secondi e contorni – viene acquistato da una cooperativa che ci fornisce i pasti caldi a un prezzo calmierato. Per garantire un pasto a chi non ce l’ha, ogni mese sosteniamo una spesa di circa 500 euro”.

Per ora il sistema si regge sulle donazioni di qualche privato generoso che ha scelto di sostenere questa attività della Comunità Papa Giovanni XXIII e sullo stesso Musicò, che come ogni membro della Comunità ha scelto di metterci la propria vita. Oltre al suo tempo e alle sue forze, Musicò ha deciso di investire anche alcuni fondi personali in questo progetto di solidarietà:

“La Comunità ha bisogno dell’aiuto di tutti per portare avanti iniziative come questa – spiega –. Un’occasione per chi vorrà contribuire a sostenerci è quella offerta dal 5 per mille o tramite le tante altre iniziative solidali che portiamo avanti in tutta Italia ogni giorno. Per noi sarebbe una manna, ci farebbe dormire più sereni”.

Se arriveranno maggiori risorse, infatti, l’obiettivo successivo è quello di avviare un’unità di strada, un gruppo di volontari che possa girare per le strade della città, incontrare chi vive in strada e distribuire il cibo che avanza. Sarebbe un ulteriore incontro tra lo sforzo per la riduzione dello spreco alimentare e quello sul fronte del bisogno.
La mensa, in fondo, è un intermediario che vive del passaparola: uno sfogo relazionale il cui obiettivo non è solo quella di sfamare le persone, ma anche di creare un gruppo di condivisione umana. Oltre ai membri e volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII, sono proprio le suore, e poi gli scout, i volontari delle parrocchie e privati cittadini a dare una mano, assieme agli stessi ragazzi accolti nelle case della Comunità: giovani con disabilità mentali o che hanno affrontato problemi con la tossicodipendenza, che qui servono i pasti e siedono assieme ai bisognosi per fare della condivisione del pasto un momento di ritrovata familiarità. “È così che si sono instaurati percorsi positivi al di là del bisogno primario del mangiare – conclude Musicò – . Con la conoscenza e l’aiuto condiviso abbiamo trovato luoghi in cui far dormire chi non sapeva dove andare. In un caso abbiamo anche trovato un lavoro per uno dei nostri ospiti; laviamo i loro vestiti, li riforniamo di coperte. C’è un mondo che si muove intorno alla mensa, rapporti che si consolidano e frequentazioni che continuano con piccoli gesti d’aiuto giorno dopo giorno”.

Una Comunità che, grazie all’impegno di tanti volontari, sostiene una parte fragile della città.