Genova – Tracce di amianto, in proporzione paragonabile a quello presente nel troncone ovest, nei campioni prelevati per le analisi pre-demolizione del troncone est.
E’ il Secolo XIX in edicola questa mattina ad anticipare in esclusiva i risultati delle analisi più “delicate” dell’intero progetto di demolizione e ricostruzione del ponte Morandi e primo a mettere in evidenza che, molto probabilmente, potrebbe tramontare l’ipotesi dell’uso dell’esplosivo per le operazioni di demolizione del troncone est.

Un risultato che è una doccia fredda per chi ha ipotizzato un rapido processo di eliminazione di ciò che resta del ponte Morandi, crollato lo scorso 14 agosto uccidendo 43 persone e lasciando senza casa centinaia di famiglie genovesi. Nel caso fosse confermata l’impossibilità dell’uso degli esplosivi, infatti, occorrerebbe rivedere completamente il progetto di ricostruzione che proprio sulla rapida demolizione puntava la sua “rapidità” di esecuzione.

Difficile, per non dire impossibile, mantenere la previsione di consegnare il ponte ultimato entro fine 2019 e con l’apertura al traffico a primavera 2020, se le pile e l’impalcato del troncone est dovranno essere demolite con le tecniche ultilizzate sino ad ora, le tempistiche si allungherebbero a dismisura e con esse la ricostruzione.

Le analisi verranno consegnate alle aziende costruttrici e all’unità commissariale che dovranno poi presentarle alla commissione esplosivi della Prefettura per un giudizio sulla possibilità di utilizzare le micro-cariche per demolire quanto resta del ponte a est del Polcevera. Una formalità poiché, in analoghe condizioni, alcune settimane fa, la commissione si era già espressa negativamente.

Le percentuali di amianto nei materiali di costruzione non sono alte ma secondo l’organizzazione mondiale della sanità, citata nella pagina Internet dell’AIRC, associazione italiana ricerca sul Cancro – “tutto l’amianto è pericoloso” e dunque il rischio di una sua dispersione nell’aria, a seguito delle esplosioni, è un fattore di rischio che non può essere smentito.
Probabilmente si potrebbero usare i “cannoni” ad acqua che conterrebbero la polvere facendola ricadere a terra con le goccioline sparate nell’aria ma nessun impianto garantirebbe un abbattimento “totale” mentre la Ricerca medica sostiene che anche una sola fibra di amianto, respirata, può essere cancerogena.
Inoltre i “fanghi” di ricaduta, una volta a terra, dovrebbero essere trasportati velocemente altrove altrimenti le polveri, una volta essiccate, potrebbero essere alzate nuovamente in aria dal vento.

Una situazione davvero spinosa per il progetto di ricostruzione che deve comunque preservare in primis la salute dei Cittadini.