GiustiziaGenova – “Risparmiateci almeno l’ipocrisia”. E’ il duro commento dell’associazione 9 ottobre, che riunisce i familiari delle vittime di molti disastri e stragi italiani, alla cosiddetta “Riforma Cartabia” che dovrebbe velocizzare i processi in Italia.
In un comunicato l’associazione 9 ottobre ribadisce tutte le perplessità per una riforma che aiuta la Giustizia solo a parole mentre nasconde in realtà il ritorno e il rafforzamento della prescrizione che evita agli imputati il processo.
Ecco il testo della nota:

“Approvata e convintamente sostenuta” da tutti, con l’eccezione delle vittime e delle Associazioni che le rappresentano, la riforma Cartabia persegue, solo a parole, l’accorciamento dei tempi della Giustizia. Sia chiaro: nessuno è mai stato per l’allungamento dei tempi giudiziari, salvo imputati in cerca di qualsivoglia espediente. Le vittime, in ogni caso, sono le prime a rivendicare tempi celeri nell’accertamento della verità, delle eventuali responsabilità, dei risarcimenti, delle condanne, quando previste dalla Legge. Non basta che le sentenze siano giuste, devono essere anche tempestive: ogni ritardo rappresenta un danno soprattutto per le vittime.
La risposta alle lungaggini non poteva e non può essere la mancanza di sentenza, la rinuncia a perseguire Verità e Giustizia: per questo si era valutata positiva e nella giusta direzione l’abolizione della prescrizione prevista nella Riforma Bonafede. Allo stesso tempo, la prescrizione avrebbe dovuto perdere ogni rilevanza, nella sostanza, perseguendo, contemporaneamente, la riduzione dei tempi processuali.
Per questo pensavamo che per velocizzare i processi si mettesse mano all’organizzazione giudiziaria, all’informatizzazione, all’aumento di personale, allo snellimento delle procedure. Magari rendendo impraticabile il ricorso strumentale a tutti quei cavilli che mortificano, spesso, la sostanza della Giustizia. Forse strutturando, come molti chiedono, Procure Nazionali specializzate in reati particolarmente allarmanti per la sicurezza sociale, come i disastri ambientali, industriali, le stragi sui posti di lavoro, le conseguenze della corruzione e delle bancarotte pilotate.
Avere sostituito la prescrizione con l’improcedibilità è una scelta ipocrita e sciagurata, che ripropone le stesse dinamiche di impunità che, oltre a danneggiare le vittime e favorire i responsabili di gravi eventi, bloccherà l’accertamento e la rimozione delle cause che hanno determinato l’evento dannoso. Altro che certezza della pena (dove ne sono finiti i fautori?), non si avrà più neanche la certezza delle sentenze, come ci stanno dimostrando, numeri alla mano, Giudici, Avvocati, Presidenti di Corte d’Appello, Giuristi vari. Questo non è accelerare i tempi del processo: questo è rinuncia a celebrarli!
Tutto questo, oltretutto, senza alleggerire i carichi di lavoro dei Tribunali, dato che la facile prospettiva della improcedibilità spingerà gli imputati a non accedere ai riti alternativi, a presentare qualsivoglia ricorso ed evitare, così, ogni conseguenza. Proprio la ministra Cartabia riconosce che “un processo che finisce nel nulla è un fallimento dello Stato”, ma che avvenga per prescrizione o per improcedibilità cosa cambia?
Singolare, poi, il richiamo alla necessità di riequilibrare le conseguenze della legge Bonafede, perché “giudizi lunghi frustrano la domanda di giustizia delle vittime e ledono la garanzia degli imputati”. Peccato che neppure questa riforma prenda in considerazione la necessità di riconoscere finalmente alle vittime un ruolo preciso nel procedimento penale che prescinda dall’ovvio e sacrosanto diritto di ottenere un risarcimento del danno subito. Anzi, il loro ruolo viene ulteriormente limitato e ristretto all’ambito strettamente risarcitorio.

In tutte le grandi stragi italiane (Vajont, Casalecchio, San Giuliano di Puglia, Viareggio, L’Aquila, Amatrice, Genova, ecc…), le vittime hanno chiesto e chiedono Verità e Giustizia perché quanto accaduto non avvenga mai più. Le loro associazioni sono un esempio di impegno sociale e civile, per la prevenzione e la sicurezza di tutta la collettività. Da sempre chiedono, inascoltate, di poter essere parte attiva nel procedimento giudiziario, nella ricerca della Verità, di avere pari diritto di informazione e accesso agli atti a prescindere, appunto, dalla costituzione di parte civile.
Al di là delle intenzioni, questa riforma non risolve il problema dei giusti tempi processuali, ma li evita determinando ulteriore impunità, ingiustizia e, soprattutto, la certezza che quanto accaduto possa ripetersi su altre incolpevoli vittime, su ognuno di noi.
Per questi motivi non possiamo che respingere l’ipotesi di riforma e rilanciare la mobilitazione per assicurare l’accertamento di ogni responsabilità e il riconoscimento dei diritti e del ruolo della vittima nel procedimento giudiziario. Senza questi presupposti, le sempre dichiarate attenzioni e solidarietà nei confronti delle vittime restano parole vuote, contraddette dalla realtà dei fatti.
Su questi punti, chiediamo un confronto urgente col Governo, con le Istituzioni Parlamentari, con tutte le forze sociali e sindacali. (In allegato, l’appello con le adesioni finora pervenute e la sua breve storia).
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