Luigia Borrelli Antonella omicidio trapano GenovaGenova – Nuovo colpo di scena nelle indagini, riaperte recentemente, del cosiddetto “delitto del trapano”, avvenuto 27 anni fa in un basso dei vicoli del centro storico genovese. Per accertare l’eventuale coinvolgimento nell’omicidio di Maria Luigia Borrelli, la donna che di giorno faceva l’infermiera e di notte viveva – costretta dai debiti – una seconda vita segreta come prostituta, gli inquirenti potrebbero aver prelevato di nascosto campioni biologici di alcuni parenti del medico entrato nelle indagini in seguito alle rivelazioni di due nuovi super-testimoni.
Il particolare, al momento solo una indiscrezione di Stampa, confermerebbe che gli inquirenti considerano attendibile la nuova pista che vedrebbe sospettato un medico molto conosciuto all’epoca dei fatti e che era primario in un noto ospedale genovese dove la vittima aveva lavorato.
Una circostanza “anomala” però, poiché è possibile esaminare il dna di una persona defunta (il medico sospettato) anche con prelievi post mortem e persino se il corpo fosse decomposto al punto da avere solo ossa e denti.
Altra ipotesi possibile, senza alcun riscontro al momento, la eventualità che le indagini siano estese anche a qualche componente della famiglia.
A riaprire il caso la rivelazione – fatta al giornalista de Il Secolo XIX Marco Menduni, che insieme ad alcuni colleghi ha scritto un libro sui casi irrisolti (cold case) della Liguria di una persona che conosceva Maria Luigia Borrelli all’epoca dei fatti e che avrebbe raccontato di una presunta relazione tra il medico e la donna.
Il movente del delitto potrebbe essere un ricatto o la decisione di nascondere una relazione extraconiugale.
Un secondo super testimone si è fatto avanti recentemente raccontando che, il giorno successivo al ritrovamento del cadavere della donna, il medico indicato dal primo testimone si sarebbe presentato al lavoro con diversi graffi sul viso e che i colleghi avrebbero scherzato chiedendogli se avesse “litigato con il gatto”.
Tutti piccoli indizi che, ovviamente, devono essere verificati anche nell’interesse della memoria della persona che potrebbe essere del tutto estranea alla vicenda.
Il caso dell’omicidio di Maria Luigia Borrelli aveva sollevato grande clamore all’epoca dei fatti, nel 1996.
La donna era stata trovata morta nel locale dove si prostituiva per pagare i debiti del marito deceduto. Sul corpo orribili ferite e i segni dei colpi con un corpo contundente e di un trapano usato come una sorta di “punteruolo” per finire la donna a terra.
In un primo tempo venne indagato un operaio che la frequentava e che risultava essere il proprietario del trapano ma le indagini chiariranno che era innocente con l’esame del DNA anche se l’uomo si tolse la vita per la vergogna del clamore mediatico.
Venne indagato anche il figlio della vittima, anche lui però scagionato dal Dna ed anche lui suicida per la vergogna.
Venne percorsa anche la pista dell’usura e la donna uccisa venne sospettata di prestare denaro a forti tassi di interesse ma poi si scoprì che era proprio lei la vittima dell’usura e che era stata costretta a prostituirsi proprio per pagare i debiti fatti dal marito per acquistare un bar e probabilmente finanziato da uno strozzino.