Ankara (Turchia) – Spetterà al parlamento l’ultima parola sulla reintroduzione in Turchia della pena di morte per colpire i sostenitori del colpo di stato del 15 luglio scorso.
Ad allarmare, oltre alle parole rilasciate in esclusiva alla CNN dal presidente Erdogan, che si è detto disposto a non ostacolare l’eventuale decisione del parlamento di reintrodurre la pena capitale, sono i numeri che gravitano intorno al fallimento del colpo di stato portato avanti da alcuni militari dell’esercito.
Nelle ultime ore, durante le quali è stata documentata la notizia della morte del vice-sindaco di Istanbul dopo essere stato raggiunto da diversi proiettili, sono andate avanti le indagini delle forze filo-governative per arrestare e rinchiudere nelle carceri di stato tutti i dissidenti del presidente Erdogan, dai militari ai politici locali, dai dipendenti pubblici agli agenti di polizia (quasi 8mila gli arrestati, ndr). Si parla anche di circa 2mila giudici tratti in arresto e sollevati dai loro incarichi.
Il clima di tensione proveniente dalla Turchia ha inasprito anche i legami tra Stati Uniti e paese anatolico, con il segretario di stato statunitense John Kerry che ha auspicato, da parte della Turchia, il rispetto degli standard democratici.
La situazione tra Erdogan e gli Stati Uniti si è ulteriormente complicata nella giornata odierna quando il presidente Erdogan ha disposto l’invio di alcuni uomini per arrestare il comandante della base Nato di Incirlik, nel sud della Turchia, accusato di avere connivenze con Fethullah Gulen, la presunta mente ad aver architettato il colpo di stato del 15 luglio scorso. E’ proprio ad Incirlik che si presume infatti sia tenuto nascosto l’imam Gulen, considerato da Erdogan e dal suo governo il pericolo maggiore per la stabilità del paese e del suo assetto politico.