Genova – Sono ormai trascorsi tre mesi dal disastro del crollo di ponte Morandi, il 14 agosto scorso, con la morte di 43 persone e la perdita della casa per oltre 250 genovesi. Oggi, alle 11,36 in punto, Genova si è idealmente fermata per ricordare e per riflettere sulla situazione.

A Roma è ancora in discussione il cosiddetto “decreto Genova” che doveva essere di “somma urgenza” e forse, per oggi, è attesa la definitiva approvazione, la politica ce la mette tutta per complicare le cose e alcune norme che nulla hanno a che vedere con l’emergenza cittadina di Genova stanno rallentando l’approvazione di provvedimenti fondamentali per dare respiro ad una città che vive con il fiato sospeso ormai da tre mesi.

Le indagini non hanno ancora raggiunto alcun “punto fermo” e non ci sono spiegazioni sulle cause del disastro e tanto meno del “responsabile”. Una cortina di “no so” e di “non rispondo” sebbene del tutto leciti, di certo non sta agevolando il lavoro di magistrati che non hanno smesso di lavorare da quel 14 agosto.
I materiali “sospetti” provenienti dal ponte sono in Svizzera, per le analisi, e non è ancora dato sapere se sono la causa del disastro e se la tragedia era evitabile. La Procura che indaga è stata inoltre stata costretta a portare all’estero il materiale perché, in Italia, non c’erano laboratori che non avessero in qualche modo un “conflitto di interessi” anche solo temuto, per via delle numerose collaborazioni e rapporti commerciali con la società Autostrade.

Va meglio sul fronte degli sfollati. Una casa e una sistemazione più o meno congeniale è stata trovata per tutti ma ancora non si hanno notizie dei risarcimenti che sono dovuti per i disagi subiti e subendi e per i danni patiti con la perdita delle abitazioni. Molte aziende non lavorano ancora e anche tutto questo “danno” dovrà essere calcolato e risarcito.

Non c’è ancora una data certa per la ricostruzione del ponte. Il commissario per la ricostruzione, il sindaco Marco Bucci, si gioca tutto annunciando l’inizio dei lavori di demolizione, della parte di ponente, a metà dicembre (il 15 esattamente) e comunque prima di Natale. Subito dopo quella di levante – e saremo quasi certamente nel 2019 e poi occorrerà iniziare la ricostruzione vera e propria che potrebbe terminare, secondo le previsioni ottimistiche, a fine 2019 o primavera 2020 ma molto più conservativamente entro la fine del 2020.

Il tutto con il “giallo” di chi pagherà per i lavori se non sarà riconosciuta la responsabilità di Autostrade e di cosa accadrebbe se si arrivasse ad un contenzioso in Tribunale per l’esclusione del concessionario dai lavori di ricostruzione.

Abbastanza da far tremare i polsi anche al più inguaribile degli ottimisti.