Genova – Sono pronti a scendere in strada per uno sciopero ad oltranza i lavoratori dell’ex Ilva – Arcelor Mittal in agitazione dopo l’annuncio del colosso dell’acciaio di volersi ritirare dalla trattativa con il Governo italiano per l’acquisizione e il controllo delle acciaierie di Taranto, di Genova e di Novi Ligure.

Mercoledì i lavoratori saranno in Regione per chiedere un incontro con i rappresentanti della politica ma poi, se non arriveranno risposte rassicuranti da Roma, potrebbe scattare uno sciopero ad oltranza che potrebbe creare non pochi problemi a tutta la città, con blocchi stradale e manifestazioni di piazza.

A spaventare di più è la possibilità che gli impianti di Taranto, gli unici a produrre acciaio da lavorare a Genova, possano fermarsi, bloccando di fatto l’arrivo della materia prima con cui, nel capoluogo ligure, si produce la banda stagnata, unico centro di produzione di questo tipo in Italia.
Le “riserve” potrebbero andare avanti per qualche giorno ma poi tutta la catena di produzione andrebbe in tilt.

Una eventualità che significherebbe la paralisi dell’impianto genovese e gravi ripercussioni sui lavoratori, oltre mille, passati alla Arcelor-Mittal.
Meno “gravi” per i circa 300 che sono ancora sotto la bandiera di ILVA e che attualmente sono impiegati con i lavori socialmente utili e la cassa integrazione.

I sindacati sono sul sentiero di guerra e certamente la situazione potrebbe diventare esplosiva se la trattativa dovesse davvero terminare con un passo indietro del nuovo acquirente.
Occorre però valutare attentamente tutte le situazioni e non escludere a priori la possibilità che i mediatori in campo stiano semplicemente inasprendo un “braccio di ferro” in atto da tempo tra Governo e acquirenti.
Una contrapposizione sui numeri degli esuberi, sugli interventi di bonifica da effettuare e sui limiti delle sostanze inquinanti (persino su eventuali “scudi legali” per eventuali azioni penali).
Una partita molto dura che potrebbe nascondere qualche strategia per “strappare qualcosa in più” mettendo sotto pressione l’attuale Governo.
Magari – e non è da escludere – con la possibilità che un nuovo (diverso) Governo possa essere più vicino al mondo dell’imprenditoria.