carcere cella sbarreGenova – Una giovane donna è stata scoperta mentre tentava di introdurre due telefoni cellulari di piccole dimensioni all’interno del carcere di Marassi, approfittando della visita ad un parente recluso.
La giovane aveva nascosto i due telefonini nella biancheria intima ma il personale della polizia penitenziaria ha individuato gli oggetti, li ha sequestrati e ha denunciato la donna.
A denunciare l’episodio il segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziara (Sappe) Michele Lorenzo.

“Si tratta dell’ennesimo allarme per le carceri della Liguria – spiega Lorenzo – e ancora una volta i problemi sono incentrati sull’uso ed il possesso di telefoni cellulari”.

“Circa 150 poliziotti penitenziari hanno provveduto, la scorsa notte, ad una maxi perquisizione nelle celle del carcere per verificare se nelle celle vi fossero occultati oggetti non consentiti come telefoni, sostanze stupefacenti o armi rudimentali. L’esito del controllo è stato negativo. Un’operazione di servizio voluta dal Comandante di Reparto per contrastare il pericoloso possesso, da parte dei detenuti, di oggetti non consentiti che riescono ad essere introdotti nonostante i controlli”.

Poche ore dopo la perquisizione, la Polizia Penitenziaria addetta al controllo famigliari ha rinvenuto due micro-telefonini occultati negli slip di una giovane donna con l’intento di portarli ai detenuti.
La giovane donna è stata denunciata dal reparto della Polizia Penitenziaria in quanto l’introduzione ed il possesso di telefoni all’interno del carcere è vietato dall’art. 391-ter c.p., prevedendo reato penale il comportamento di chi introduce telefonini in carcere.

Il SAPPe ricorda che “Marassi è un istituto che ospita mediamente 700 detenuti il che vuol dire estremamente difficile controllare minuziosamente i familiari che accedono per i colloqui. Nel solo anno 2021 La Polizia Penitenziaria ha intercettato e sequestrato tra 27 Telefoni e sim. Numeri che rappresentano un indice di pericolosità che dovrebbero richiamare alla necessità di potenziare la sicurezza penitenziaria.

“E’ importante sottolineare – ha spiegato Michele Lorenzo – che l’uso dei telefoni da parte dei detenuti è servito- come a Roma, Catania o Napoli – anche per comunicare con cosche esterne e pianificare anche piani di fuga o altri comportamenti di indole delinquenziale”.

Netta la denuncia di Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “Non sappiamo più in quale lingua del mondo dire che le carceri devono essere tutte schermate all’uso di telefoni cellulari e qualsiasi altro apparato tecnologico che possa produrre comunicazioni nonchè altrettanto necessario è prevedere uno specifico reato penale per coloro che vengono trovati in possesso di cellulari in carcere. I penitenziari sono sicuri assumendo i provvedimenti necessari per potenziare i livelli di sicurezza e nuovi Agenti di Polizia Penitenziaria”.

Ed è impietoso il giudizio del SAPPE sulla attuale situazione penitenziaria: “I dati ci confermano che le aggressioni, i ferimenti, le colluttazioni – che spessissimo vedono soccombere anche gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, sempre più contusi e feriti da una parte di popolazione detenuta prepotente e destabilizzante – sono sintomo di una situazione allarmante, per risolvere la quale servono provvedimenti di tutela per gli Agenti e di sicurezza per le strutture carcerarie”, conclude.