Luigia Borrelli Antonella omicidio trapano GenovaGenova – Colpo di scena nelle indagini su “delitto del trapano” che sconvolse la città nel settembre del 1995 quando, in un basso del centro storico, venne trovato il corpo senza vita di Luigia Borelli, uccisa e martoriata con la punta di un trapano.
Gli esami del DNA sui campioni prelevati dal carrozziere Fortunato Verduci lascerebbero pochi dubbi sulla corrispondenza tra le tracce di sangue trovate nel locale e la sequenza genetica dell’uomo, indagato per l’omicidio e questo lo pone senza dubbio sul luogo del delitto.
Un risultato che rafforza l’impianto accusatorio che ha individuato nell’uomo, ludopatico e fortemente indebitato, autore materiale dell’omicidio o per derubare la donna, che di giorno lavorava in ospedale come infermiera e di notte si sarebbe prostituita inizialmente per pagare i debiti del marito ma poi, raggranellato un pò di denaro, avrebbe prestato anche denaro a giocatori e persone con forte e urgente necessità di reperire somme di denaro.
Un movente che aveva rafforzato gli iniziali sospetti partiti quando, nell’eseguire un esame genetico, era emerso che un prerente di Verduci aveva una sequenza genetica “vicina” a quella del sangue del presunto assassino. Da quella scoperta e grazie all’intuizione della genetista che opera come consulente della famiglia, che non ha mai smesso di cercare l’autore dell’omicidio, si è verificata la compatibilità genetica dei familiari del primo campione “vicino” sino ad arrivare all’attuale imputato.
Una tecnica, quella usata, molto simile a quella che ha permesso di risalire a Massimo Bossetti quale killer di Yara Gambirasio, la ragazzina di 13 anni trovata morta a Brembate, nel 2010.
Anche il quel caso, facendo esami su esami dei residenti della zona, si era arrivati ad una “somiglianza” con un parente di Bossetti che è stato poi identificato come l’autore materiale del delitto.
Un cold case complesso, quello del delitto del trapano, con la morte di Luigia Borelli ed una scia di sangue che ha portato al suicidio molti degli indagati e ad una catena di sospetti proseguita per 30 anni.
Ora invece i test del DNA potrebbero inchiodare l’omicida alle sue responsabilità se la Procura rinvierà a giudizio il carrozziere – che si è sempre dichiarato innocente – e se partirà il relativo processo.
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