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Genova, traffici di armi via nave, appello ai sindaci delle città portuali

armi porto di Genova Bahri Yambu 8 agosto 2025Genova – Un appello rivolto ai sindaci, ai consigli comunali e municipali delle città sede dii porti commerciali per monitorare i traffici di armi e gli spostamenti di navi sospettate di trasportare armi e componentistica militare impiegata per azioni di guerra.
Lo ha lanciato The Weapon WATCH, l’Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei chiedendo la nascita di osservatori indipendenti per monitorare la movimentazione degli armamenti nei porti italiani.
“Alla luce delle manifestazioni di protesta contro l’invio di armi a Israele – scrive l’osservatorio – si ritiene matura la proposta di creare nelle città sede di porti commerciali degli osservatori indipendenti sulla movimentazione degli armamenti nei porti, perché essa suscita preoccupazione politica, turbamento morale e insicurezza materiale nei lavoratori e nei cittadini”.
La movimentazione degli armamenti, disciplinata dalla legge 185/1990, è soggetta all’autorizzazione e al controllo dello Stato, ma le istituzioni che esercitano questi poteri – secondo l’Osservatorio sulle armi nei porti europei – non sarebbero realmente trasparenti e opporrebbero cortine burocratiche alle istanze di accesso ai dati che dovrebbero essere pubblici.
“Pertanto – scrive l’ooservatorio- che si sia di fronte a una qualche palese violazione della legge così come a una qualche insufficiente informazione sulla natura delle merci in transito nel porto, i lavoratori e i cittadini chiedono di non essere costretti a iniziative di astensione sindacale dal lavoro o di manifestazione pubblica per opporsi all’illegalità di certe movimentazioni e per dovere sostenere da sé i diritti di informazione, tutela, sicurezza, obiezione di coscienza”.
Trasparenza richiesta non solo per scoperchiare traffici ancora poco chiari ma anche e soprattutto per difendere la sicurezza delle persone che abitano nelle vicinanze degli scali marittimi.
“Nel caso particolare del trasporto di esplosivi e munizioni – spiegano all’osservatorio – i lavoratori del porto e i cittadini che abitano in prossimità degli scali chiedono trasparenza che la movimentazione avvenga in assoluta e verificata conformità agli speciali regolamenti in materia”.
Il mancato rispetto delle misure di sicurezza, infatti, mette a rischio la sicurezza e la salute degli operatori portuali ma anche delle tante famiglie che abitano a ridosso degli scali portuali e potrebbero essere coinvolte in tragedie.
Sempre secondo gli attivisti dell’osservatorio: “oltre alle barriere burocratiche che ostacolano la trasparenza e oltre alla complessità intrinseca del sistema commerciale, sono state verificate pratiche elusive o ingannevoli da parte di vettori, spedizionieri e imprese portuali, circa la natura militare delle merci movimentate nei porti”.
Di fronte a questi comportamenti, i lavoratori chiedono di potere conoscere tempestivamente e ufficialmente l’eventuale natura militare della merce, la sua origine e destinazione geografica, per avere certezza che non si infranga la legge e che se ne interpreti autenticamente il valore costituzionale dell’articolo 11 della Costituzione italiana che recita: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e risoluzione delle controversie internazionali.
A queste esigenze di puntuale informazione sindacale e pubblica, si accompagna l’istanza di conoscere, attraverso dati statistici, l’incidenza della movimentazione di queste merci nell’economia e nell’occupazione del porto e della città.
Non è una domanda fine a sé, perché la stessa legge 185/1990 prescrive che il Governo predisponga misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa (art.1 comma 3). Tale previsione, disattesa sinora da tutti i governi avvicendatisi, nel caso specifico dei porti è priva di qualsiasi fonte statistica utile a affrontare la questione.
Le conseguenze di questa lacuna si riverberano nell’assenza nei bilanci sociali dei porti nazionali di una rendicontazione dedicata alla sostenibilità etica, intesa come policy e atti regolatori con l’obiettivo di promuovere e attuare l’attività portuale a esclusivo servizio di commerci di pace e di sviluppo del benessere e della libertà dei popoli.
La necessità del confronto tra autorità, lavoratori e cittadini pone la questione di disporre di un Osservatorio permanente, ossia di un “luogo” e di un “tempo” in cui tale confronto possa avvenire con la necessaria franchezza e trasparenza sulla base di dati e informazioni certe e qualificate.
Viste anche le recenti prese di posizione e deliberazioni di Sindaci e Consigli comunali sui traffici d’armi nei rispettivi porti, la sede ospitante dell’Osservatorio dovrebbe essere a nostro avviso nei Comuni sede di porti, per la loro autorità elettiva sulla città da cui il porto dipende e a cui il porto restituisce lavoro, ricchezza, identità e reputazione con i relativi costi sociali e ambientali.
Il confronto può avvenire solo nella trasparenza dei processi decisionali e delle informazioni che ne sono il presupposto. Informazioni che non sono in alcun modo segrete, e semmai sottoposte all’obbligo della riservatezza statistica. Di alcune informazioni, invece, è la stessa Legge 185 che impone la pubblicità: il soggetto autorizzato, la natura e il valore degli armamenti, il destinatario finale, i valori doganali dichiarati, l’appartenenza o meno a un progetto di produzione internazionale, ecc.
L’osservatorio dovrà dotarsi della capacità di un triplice ordine di obiettivi:
1. un report periodico che dia conto dei traffici di armamenti (origine/destinazione/merce) e della loro incidenza quantitativa e qualitativa sul bilancio complessivo del porto;
2. un servizio informativo, “a sportello”, tempestivo e verificato con tutti gli attori coinvolti, su domanda dei lavoratori e delle loro organizzazioni di rappresentanza, oltre che dei cittadini, su arrivi e partenze di navi con carichi di armamenti eventualmente sospetti;
3. promuovere la qualificazione del porto sotto il profilo della “sostenibilità etica”, improntata a capitali e organizzazioni di impresa non compromessi in attività militari aggressive e in violazione dei diritti umani, e a produzioni e commerci di pace.
Le fonti locali operanti dell’Osservatorio dovranno essere gli attori istituzionali, sociali e civili che agiscono attivamente o passivamente nella circostanza del traffico di materiali di armamento nel porto:
Prefettura, Capitaneria di porto-Guardia costiera, Autorità di Sistema Portuale, Agenzia delle Dogane, Vettori e spedizionieri, Agenti marittimi, Imprese portuali, Organizzazioni sindacali dei lavoratori, Municipi di circoscrizioni urbane prospicienti il porto, Comitati civici e Associazioni pertinenti.

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