Casa del Diavolo Castiglione ChiavareseLa Liguria e Genova in particolare fanno registrare un aumento record delle case diroccate e fatiscenti.
Per lo Stato e per l’Imu si chiamano “unità collabenti”: sono gli edifici dove non è possibile abitare perché fatiscenti, diroccate e senza tetto. fabbricati che, secondo il catasto, hanno perduto la loro capacità reddituale, in quanto diroccati o fatiscenti, o addirittura ruderi. Possono essere anche immobili con il tetto crollato o parzialmente demoliti o caratterizzati da un notevole stato di degrado. Anche in Liguria negli ultimi 13 anni c’è stato un aumento record di questa tipologia di unità immobiliari, situate soprattutto nell’entroterra e in apesi e frazioni sempre più spopolati. Per Ape Confedilizia rappresentano un vero campanello d’allarme, visto che la loro distribuzione rappresenta, piuttosto, una mappa del disagio economico, sociale e demografico.
Entrando nel dettaglio, in Liguria nel 2011 il numero di unità collabenti era di 12.801 e nelle quattro città capoluogo erano solo 757. Lo stesso numero generale è arrivato a quota 24.212 nel 2022 (1.331 nei capoluoghi) e a 26.117 quest’anno (1.462 nei capoluoghi). Scorporando la provincia di Genova, si passa da 3.393 unità nel 2011 (287 a Genova città), a 6.903 nel 2022 (569 a Genova) e a 7.355 di quest’anno (621 a Genova città). Un aumento davanti al quale non si può rimanere ciechi, visto che la grandissima maggioranza dei ruderi, l’88,7%, appartiene a persone fisiche, si tratta quasi solo di case, magari appartenute a genitori o nonni e che poi sono passate a eredi ormai trasferitisi altrove. Questa situazione caratterizza un numero crescente di altre abitazioni che sono a rischio di totale abbandono, spesso già inagibili e inabitabili, ma ancora non categorizzate come unità collabenti al catasto, e su cui, quindi, si paga l’Imu a differenza di quelle collabenti che, ricordiamo, sono esentati dal pagamento dell’imposta. È facile capire come, soprattutto in alcune aree, sia un problema sociale, è per questo che la Confedilizia chiede alcune misure poco costose, come, per esempio l’esenzione totale dall’Imu degli immobili situati in comuni sotto i 3mila abitanti, quelli più colpiti dal fenomeno.
Costerebbe solo 800 milioni di euro, ma sarebbe un segnale importante per chi vive nelle zone più interessate dal problema.
Circa 50 milioni, molto meno, sarebbero necessari per esentare completamente dal pagamento della medesima imposta i proprietari degli immobili inagibili e inabitabili già citati, che oggi hanno solo una riduzione del 50% della base imponibile. Quello proveniente da questa tipologia di case, del resto, è un gettito a scadenza, il destino di queste abitazioni, che tali non sono più, è di diventare unità collabenti.