plasma iperimmune
Genova – “Io non curo con Google o con Facebook ma mi attengo ai dati scientifici e, in questo momento, quelli disponibili sono ancora pochi”. Così commenta la notizia dell’avvio della sperimentazione della cura con “plasma iperimmune” all’ospedale San Martino, il professor Matteo Bassetti, responsabile del Reparto Malattie infettive.

L’esperto di punta della Regione Liguria sull’emergenza coronavirus mantiene un approccio rigorosamente scientifico all’argomento che, in questi giorni, arroventa la discussione tra favorevoli e “perplessi” sui social ma anche nei talk show della TV.

“Il plasma iperimmune  – spiega Bassetti – potrebbe rappresentare un’arma terapeutica importante per il Covid-19, ma i dati sono ancora limitati, basati su casi anedottici, e non consentono di trarre conclusioni definitive”.

Il direttore della clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, insomma, non ha una posizione inamovibile e certamente sarebbe ben lieto che esistesse una “cura miracolosa” da usare per curare i pazienti affetti da coronavirus ma, come ogni medico dovrebbe fare, resta saldo sui principi scientifici che mettono al bando i facili entusiasmi e necessitano della sana vecchia sperimentazione clinica.

“Sono oltre 50 anni che questa tecnica viene utilizzata – spiega Bassetti raffreddando gli spiriti di chi è convinto che si tratti di una cura appena inventata – La letteratura a supporto è al momento molto scarsa con pochi pazienti trattati, tutti in fase di malattia avanzata e co-trattati con altri farmaci. Occorrono studi clinici sperimentali e pubblicati su riviste scientifiche di elevato livello di impatto per una valutazione più approfondita”.

La Liguria non resta però indietro e pur mantenendo un approccio molto cauto, come sempre occorre fare nella Scienza e nella Medicina – predispone comunque quanto necessario alla sperimentazione e, nel caso di risultati positivi, ha attivato le procedure per una “banca del plasma iperimmune” dove confluirebbe il materiale raccolto dai donatori guariti dal coronavirus e pronto per essere iniettato nei pazienti che dovessero averne bisogno.

Un macchinario adatto alla preparazione del “plasma iperimmune” si trova all’ospedale San Paolo di Savona che è già stato coinvolto nei preparativi per la sperimentazione ma l’assessore regionale alla Sanità, Sonia Viale ha raggiunto un accordo con la ditta costruttrice del macchinario per sperimentarne l’uso anche al San Martino con una apparecchiatura ad hoc.

La Liguria, quindi, pur restando ferma sulla necessità di avere dati più precisi e numericamente più consistenti, si prepara nel caso la sperimentazione desse buoni risultati e parteciperà allo studio nazionale comparativo deciso dall’Istituto Superiore di Sanità e Aifa.

La sperimentazione attualmente in corso è abbastanza semplice e si basa su evidenze scientifiche conosciute da quando la Scienza ha scoperto gli anticorpi.
Una persona colpita e guarita dal virus sviluppa anticorpi in grado di riconoscere e combattere la malattia.
Questi anticorpi si trovano nel plasma, ovvero nella parte liquida del sangue ed è possibile prelevarlo con una procedura complessa, direttamente da donatori che, al momento, sono in numero molto limitato.
Occorre quasi un’ora di “trattamento” per prelevare una sacca di plasma dalla quale si ottengono poche dosi del prodotto che viene poi utilizzato per la cura sperimentale.
Il plasma viene poi trattato per renderlo esente da qualunque impurità che potrebbe essere fatale per il corpo debilitato del malato e, infine, conservato in sacche.
La sperimentazione in corso ha verificato al momento che pazienti molto gravi e già trattati con altre cure, vengono “estubati” (migliorano) più velocemente se sono stati trattati con il plasma iperimmune.
Non si tratta quindi di una “cura definitiva” ma di una cura che agevolerebbe la guarigione.