La guerra alla Vespa velutina si combatte ormai con ogni mezzo in Liguria ed in Piemonte ma mentre al di là dell’appennino si utilizzano le strumentazioni ultra tecnologiche, in Liguria si fa affidamento su coraggiosi volontari, costretti a pagarsi persino le attrezzature e con un rimborso spese da circa 50 euro per ogni nido distrutto.
Una battaglia senza paragoni quella condotta al di qua e al di là del confine tra Liguria e Piemonte contro la vespa killer delle api che distrugge gli allevamenti e la biodiversità e ora si scopre nemica persino dei vigneti e della produzione del vino.
A Cabella Ligure, poco oltre il confine tra Liguria e Piemonte, la battaglia si combatte con sofisticate apparecchiature che vengono “legate” alle velutine imprigionate e che permettono di tracciare il volo dell’insetto sino al proprio nido.
Alle vespe vengono infatti “incollati” dei micro trasmettitori radio che sono in grado di inviare un segnale che può essere seguito da speciali antenne radio, simili a quelle che vengono utilizzate per individuare i radio collari messi ad orsi, lupi ed altri animali di cui si vuole seguire gli spostamenti.
Una tecnica “fantascientifica”, figlia di un esperimento molto meno fortunato, finanziato dall’Unione Europea con quasi due milioni di euro, per realizzare un radar in grado di seguire il volo della velutina ma che aveva evidenziato delle problematiche che hanno fatto finire in cantina il progetto.
L’esperimento con i radio trasmettitori è stato decisamente più fortunato e il nido, il primo nella zona, è stato individuato e distrutto.
Su versante ligure, invece, la guerra alla velutina è affidata quasi esclusivamente ai volontari. Personale della Protezione Civile ma soprattutto apicoltori stanchi di veder distruggere i propri alveari (e il proprio lavoro) dal calabrone orientale arrivato dall’Asia qualche decennio fa, in Francia e Spagna, e che poi si è diffuso, praticamente incontrastato, sino a invadere la Liguria, la parte meridionale del Piemonte, la Toscana e parte dell’Emilia Romagna.
In Liguria la tecnologia utilizzata dai “cugini” piemontesi è solo un miraggio, almeno per ora. Qui si da la caccia alle velutine, come gli antichi, con gli avvistamenti (per lo più casuali dei nidi), cui fa seguito l’intervento di un “neutralizzatore” che riceve dalla Regione Liguria un rimborso spese di circa 50 euro per ogni nido distrutto.
Per farlo occorre, come abbiamo detto, avere la fortuna che qualcuno casualmente trovi i nidi nel fitto della macchia mediterranea. Occorre disporre di una tuta speciale “anti punture” molto costosa e dotarsi di un’asta in fibra di carbonio del costo di circa 5mila euro perché la vespa velutina ama fare il nido su alberi enormi e ad altezze che arrivano a 20 metri ed oltre.
Diversamente occorre affittare una piattaforma mobile, del tipo usato per la potatura degli alberi o degli interventi in altezza ma i costi proibitivi (dai 400 ai 600 euro giornalieri) che non vengono sostenuti da nessuno e tantomeno risarciti.
Capita così che per abbattere un nido passino settimane con il rischio, specie in questo periodo, che gli insetti che lo abitano riescano a concludere il loro ciclo “riproduttivo” allevando centinaia di regine e di fuchi in nidi che arrivano ad oltre un metro di diametro e con popolazioni di oltre 10mila vespe.
Le Regine, dopo essersi accoppiate con i maschi, vanno in una sorta di letargo (diapausa) per l’inverno per poi riemergere con le prime giornate di caldo, a fine febbraio – marzo per fondare un nuovo nido.
Importante quindi distruggere i nidi prima che la dispersione delle Regine avvenga e questo coincide con i primi freddi dell’autunno.
E proprio nella stagione della caduta delle foglie avviene la maggior parte dei ritrovamenti, con la caduta delle foglie che mette allo scoperto gli enormi nidi prima confusi tra il fogliame.
Come facilmente immaginabile, una battaglia quasi impossibile da vincere, almeno in Liguria, per la scarsità dei mezzi messi a disposizione, i pochi volontari in campo e per l’esiguità delle risorse stanziate e che certo non hanno nulla a che vedere con gli investimenti fatti oltre-Appennino.
Senza contare che un altro sistema, efficacissimo e molto usato in Francia ed in Spagna, esisterebbe e potrebbe essere messo in campo facilmente, con spesa minima e grande efficacia: il famigerato “Cavallo di Troia”.
In pratica gli apicoltori sotto attacco potrebbero catturare alcuni esemplari di vespa velutina per poi rilasciarli dopo aver accuratamente posizionato una micro-goccia di un insetticida usato per eliminare le pulci nei cani e nei gatti.
La velutina, tornata in libertà, vola verso il proprio nido ed inconsapevolmente vi trasporta anche la goccia di veleno che poi, grazie al comportamento sociale delle vespe, viene “ripulito” dalla vespa (il cavallo di Troia) e passato di bocca in bocca a tutto il nido, distruggendolo.
Una pratica proibita in Italia perché il prodotto non ha l’abilitazione all’uso in questo specifico settore e chi dovesse essere sorpreso ad utilizzarlo, rischierebbe sanzioni pesanti e probabilmente una denuncia per reati ambientali.
Da anni gli apicoltori chiedono agli organi competenti di “autorizzare” l’uso ma senza alcun risultato. Anche in questo caso, a pochi chilometri di distanza, in Francia e in Italia, la stessa cosa, la stessa sostanza, la stessa “tecnica” è abitualmente utilizzata (in Francia) e proibita (in Italia). Paradossi della globalizzazione.
Nella foto sopra la Vespa velutina con applicato il radio-trasmettitore
Nella foto sotto il nido scoperto 15 giorni fa a Struppa e ancora da abbattere