Washington – Più la tecnologia avanza più i robot saranno in grado di sostituirci in molte attività lavorative. Quella che fino a poco tempo fa sembrava una suggestione sta diventando una questione sempre più seria, e comincia a porre interrogativi sulle conseguenze che questa “robotizzazione” del lavoro porterà sulle nostre società. Di questo si sta discutendo in questi giorni al convegno della Società americana per l’avanzamento della scienza a Washington. Il raduno riprende alcuni dei temi trattati in occasione del recente Economic world forum di Davos, che già aveva previsto la perdita di 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi 4 anni a causa dell’automazione. Una nuova stima prevede che da qui al 2045 i robot spingeranno sopra il 50% la quota di disoccupazione globale. Gli studiosi si dividono tra ottimisti e pessimisti al riguardo. Di questa seconda categoria fa parte Moshe Vardi, esperto esperto di informatica alla Rice University del Texas: ”La tecnologia che stiamo sviluppando porterà davvero benefici al genere umano? – si chiede lo studioso – La risposta tipica è che se le macchine faranno il nostro lavoro, allora avremo più tempo libero per fare ciò che ci piace, ma non penso che sia una prospettiva allettante. Credo che il lavoro sia essenziale per il benessere dell’uomo”. Tra gli ottimisti, invece, l’italiano Filippo Cavallo, esperto di robotica sociale della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. ”Nei prossimi 30 anni – afferma Cavallo – le macchine non saranno in grado di sostituire completamente l’attività dell’uomo, ma la loro presenza al nostro fianco ci libererà dalle attività più manuali e ripetitive, permettendoci di rendere più ‘umano’ il nostro lavoro”.