New York – Si è spento all’età di 87 anni lo scrittore e giornalista Tom Wolfe, Thomas Kennerly Wolfe Jr. all’anagrafe, in un ospedale di Manhattan, in cui era stato ricoverato per una infezione. New York era stata la sua casa fin dal 1962, quando iniziò a collaborare con il New York Herald Tribune come reporter, dopo aver conseguito la laurea presso l’Università di Yale e aver mosso i primi passi nel mondo del giornalismo nella redazione del Washington Post. Il suo lavoro si è sempre distinto per la brillante visione del particolare momento storico, che ha sempre analizzato e descritto utilizzando un personale stile che ha contribuito alla nascita del cosiddetto “new journalism“, il genere ibrido di cronaca mescolata alla narrativa che si è fatto largo al termine degli anni Sessanta negli Stati Uniti nel mondo delle riviste più che in quello dei quotidiani.
Non solo giornalista, Tom Wolfe si è dedicato alla scrittura nel senso più ampio del termine, divenendo un importante autore di saggi; la sua opera più celebre rimane senza dubbio Il falò delle vanità, pubblicato nel 1985 in una prima versione e nel 1987 in quella definitiva. Il pubblico accolse con entusiasmo il romanzo, tanto da spingere alla realizzazione dell’omonimo film. I lavori successivi non possono vantare il medesimo successo, ma Tom Wolfe rimase uno dei personaggi di riferimento della letteratura americana; a lui si deve l’invenzione di alcuni termini entrati nel vocabolario quotidiano, come radical chic, riferito ai ricchi uomini mondani che disquisivano di rivoluzione comodamente seduti nei loro lussuosi salotti.
Sempre vestito di un abito color vaniglia, diventato il suo tratto distintivo, elegantissimo, con immancabili cravatta e cappello, per molti rimane la penna più importante d’America, proprio per la maestria con cui è sempre riuscito a far vibrare le parole e a renderle mezzi per esprimere il proprio pensiero.