Genova – Cavi metallici e tiranti corrosi dal tempo che hanno ceduto di schianto provocando il crollo del Ponte Morandi in cui persero la vita 43 persone. Sembra emergere con sempre maggiore chiarezza, nelle udienze del processo per il disastro del 4 agosto 2018, le cause e le responsabilità di quanto avvenne.
I periti nominati dal Tribunale hanno illustrato la dinamica di quanto avvenuto quel tragico giorno che ha segnato per sempre le famiglie delle vittime ed ha costretto l’Italia intera a sopportare il sacrificio economico della ricostruzione di una struttura primaria che solo per il covid ha pagato un extra-conto da 14 milioni di euro.
I numeri rendono chiara la situazione al momento del crollo, su 464 trefoli presenti nel blocco di cemento armato alla sommità della pila 9, il cui cedimento ha causato il crollo, solo 5 erano integri mentre gli altri presentavano corrosione dal 50 al 100% e non potevano più sostenere l’enorme peso delle campate che sorreggevano.
Una situazione che, con esami e controlli specifici, poteva essere riconosciuta e riparata.
Il crollo di ponte Morandi, insomma, secondo i periti del Tribunale poteva essere evitato.
L’udienza nella tensostruttura allestita a Palazzo Di Giustizia per ospitare tutti i partecipanti prosegue oggi e domani e dopo i chiarimenti dei periti potranno intervenire gli avvocati difensori degli imputati, gli ex vertici di Autostrade per l’Italia ma anche della controllata Spea e del Ministero dei Trasporti, accusati di omicidio colposo plurimo, crollo doloso, falso in atto pubblico e attentato alla sicurezza dei trasporti.