cinghialeGenova – Cacciatori in sciopero nella zona di Genova e Savona contro le regole varate da Regione Liguria in seguito all’emergenza Peste Suina. Ha una spiegazione il “silenzio” che molti avranno notato nei boschi della zona a cavallo tra genovese e savonese dove, dall’apertura della Caccia, lo scorso 2 ottobre, non si tengono le consuete battute di Caccia al cinghiale.
La protesta, che sta creando non pochi malumori nell’ambiente, anche a livello nazionale, si sta allargando a macchia d’olio e rischia di contribuire, seppur in modo involontario, alla proliferazione ulteriore di specie che ormai stanno super affollando i nostri boschi e non solo.
I cacciatori di cinghiali della zona tra Genova e Savona incrociano le braccia da domenica 2 ottobre e nessuno di loro si è presentato, al mercoledì e alla domenica ai due giorni settimanali concessi dalle normative per questo tipo di Caccia.
Secondo i “ribelli” avrebbero già riposto il fucile nel fodero, 24 squadre di Savona e oltre 30 di Genova e i Cacciatori dichiarano apertamente di rifiutarsi di sottostare alle regole imposte dalla deliberazione della Regione Liguria n. 938 del 30 settembre che prevedono che la squadra, per cacciare deve avvisare l’Ambito territoriale di caccia (Atc), che a sua volta chiede l’autorizzazione all’Asl che verifica se sono disponibili posti nel deposito di stoccaggio prescelto, per le carcasse degli animali che dovranno essere consegnate per le verifiche.
In genere, secondo la denuncia dei Cacciatori in sciopero, le Asl concedono spazio per tre o quattro cinghiali e questo significa che la squadra, composta anche da una ventina e oltre di persone, potrà abbattere solo quel numero di animali e non uno di più.
Ma – secondo la denuncia dei Cacciatori – la burocrazia imposta per l’emergenza Peste suina non si ferma qui.

“Noi abbattiamo il cinghiale – spiegano – dovremmo mettere l’anellino col numero identificativo allo zampino posteriore, prendiamo il punto Gps, chiudiamo il cinghiale in un sacco per portarlo dal bosco alla macchina, per chissà quale distanza e la macchina deve essere preventivamente autorizzata dalla Asl all’inizio della stagione con un nominativo per la persona autorizzata a condurla e senza possibilità di sostituzione”.

Il cinghiale abbattuto deve essere portato alla “Casa di caccia” e qui segue la compilazione del registro di scarico.

“Poi si prendono i campioni del cinghiale da mandare ad analizzare – spiegano ancora i Cacciatori in sciopero – e lo si mette nella cella frigo. Gli scarti vanno messi nel bidone, che fornirà qualcuno che, ad oggi, non è stato identificato e anche quelli vanno messi nel frigo”.

“Se si hanno 3/4 bestie ci vogliono 3/4 contenitori – precisano i Cacciatori – e occorre un “container frigo” e poi occorre prendere le pelli e si portarle allo specifico punto di raccolta, che deve ancora essere individuato, e anche in questo caso, per farlo occorre l’auto privata, sempre autorizzata dall’Asl”..

A questo punto, sempre secondo la denuncia dei Cacciatori, comincia la trafila delle analisi

“Le carni – spiegano – non si possono toccare finché non arrivano le analisi che verificano la eventuale presenza di trichinella che della peste suina. Solo allora si possono macellare e si consegnano alla squadra ma non devono uscire dalla zona di protezione 2. In pratica il cacciatore di Savona che va a caccia a Sassello non ha diritto alla carne”.

Il consumo della carne potrebbe avvenire – ammesso che venga concesso – in autoconsumo, ovvero solo il Cacciatore potrebbe consumare la carne che non potrebbe essere in alcun modo ceduta a terzi.
Le carcasse, al momento, andrebbero semplicemente distrutte ed il trasferimenti al centro indicato sarebbe sempre a spese dei Cacciatori che denunciano anche la poca trasparenza circa le responsabilità.

“Ad oggi – spiegano – non sono ancora stati in grado di dirci se le eventuali sanzioni riguardanti la procedura sono penali o amministrative. Inoltre, non possono far parte delle squadre di caccia soggetti che detengono suini o lavorano a contatto con gli stessi, quindi macellai, allevatori, ristoratori”.

La protesta dei cacciatori che incrociano le braccia prosegue anche se sono state pagae tutte le somme necessarie agli adempimenti previsti.

“Abbiamo pagato già a maggio circa 500 euro a testa – spiegano ancora – visto che ci avevano assicurato tutti che saremmo andati a caccia. Paghiamo 173 euro allo Stato, 90 alla Regione Liguria, 100 euro all’Atc, 100 per l’assicurazione e 25 per iscrivere la squadra”.