Giovanni Toti, Marco Bucci, 25 aprileGenova – Non si placano le polemiche per i fischi e le contestazioni di piazza agli interventi per il 25 aprile del sindaco Marco Bucci e al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
Dopo l’accusa di non rispettare le libertà altrui, mosse dal centro-destra alla “piazza”, arriva la risposta dell’Anpi di Genova.

“Mettiamo in chiaro una cosa . scrive l’associazione nazionale partigiani d’Italia – Genova dà ciò che riceve. Se in piazza Matteotti, durante le celebrazioni del 25 Aprile, ci sono stati dei fischi è un modo per esprimere dissenso che Anpi non ha né cercato né sostenuto, diciamolo subito. D’altronde lo stesso Pertini ce lo ricordava che ” in piazza si può applaudire o anche fischiare”.

“Forse – spiega l’Anpi nella nota – si chiedeva al sindaco e al presidente della Regione più coerenza rispetto a certi comportamenti o a silenzi assordanti (omaggi ai repubblichini o loro esponenti che hanno Almirante come mentore; attaccare gli edili in corteo o definire teppisti i lavoratori che difendono il futuro di un’azienda strategica non solo per Genova ma per il Paese)”.

“Questo ci ha detto la piazza – risponde Anpi –  che non era una piazza di sinistra, ma una piazza democratica e unitaria. Come la Costituzione e come la Resistenza. Se Lei pensa che siano sufficienti le parole in piazza per sciogliere dei nodi, ricordiamo come l’intitolazione del porticciolo di Nervi a Luigi Ferraro è capitolo ancora aperto, come aperto proprio il 25 aprile è il capitolo che coinvolge “la storia in piazza” e il suo curatore F. Cardini.
Dopo i fatti ricordati, il rischio del dissenso c’era, e il dissenso si è espresso. Questo hanno fatto i cittadini, ricordando ai loro massimi esponenti i temi che più stanno loro a cuore: il lavoro, la sanità, il welfare. Tutti i dossier sui quali chi governa Regione e Comune sembrano andare avanti solo a colpi di tagli o di progetti ipotetici che poi non hanno seguito.
Ripetiamo: Genova è città orgogliosa di sé e della sua storia, se non è ascoltata si fa sentire. Non ha senso cercare una contrapposizione politica, come abbiamo letto nelle parole del presidente Toti, mentre l’assemblea regionale ha respinto la richiesta di dimissioni del presidente del consiglio regionale Gianmarco Medusei, che aveva cercato di equiparare “le vittime di serie A e di serie B”, come ha detto, dimenticando che le prime furono spinte sui treni della deportazione dai secondi. Ci sembra invece un tentativo, l’ennesimo, di sviare l’attenzione sulla realtà dei fatti. I fischi ci sono stati non per esprimere la propria rabbia. È ben diverso: quei fischi sono di delusione dei cittadini.
Ascoltateli, piuttosto”.

Ieri il presidente della Regione Liguria aveva scritto al Direttore del Il Secolo XIX, una lettera aperta per parlare di quanto avvenuto.
Ecco il testo:

Caro direttore,
dopo le celebrazioni del 25 aprile vorrei affidare al Secolo XIX alcune riflessioni che spero possano dare un importante contributo all’acceso dibattito che da sempre accompagna la Festa della Liberazione nel nostro Paese. Dopo settimane di polemiche alimentate da certa sinistra sul patrimonio comune dell’antifascismo e della resistenza, che senso hanno i fischi in piazza a Marco Bucci e al sottoscritto? Quei fischi mettono a nudo le contraddizioni di una sinistra che pretende di fare analisi del sangue e processi sommari sulla democraticità altrui ma non sulla propria. E che, al netto degli appelli di maniera, non è disponibile a dividere e condividere quello che ritiene sua proprietà esclusiva, ovvero il 25 aprile. Eppure proprio a Genova la sinistra dovrebbe ben sapere che la guerra di Liberazione fu patrimonio di tante, tutte le culture democratiche del Paese: popolari, azionisti, socialisti, socialdemocratici, monarchici, liberali, e potrei andare avanti. Proprio per questo nel mio discorso in piazza ho voluto citare Nilde Iotti, che parlando della Resistenza sottolineava come questa “aveva realizzato una unità veramente eccezionale che andava dagli ufficiali badogliani agli operai comunisti”. E mi preme sottolineare anche che ieri in piazza sia io che il sindaco non abbiamo avuto alcuna timidezza nei richiami all’antifascismo ed entrambi, a scanso di equivoci, abbiamo rappresentato le solide culture democratiche da cui proveniamo. Dal richiamo alla diversità delle vittime, al differente valore del sacrificio fino alla Resistenza come elemento fondante della Repubblica Italiana, e così via. Eppure… eppure i fischi sono arrivati lo stesso. E mi sono chiesto: perché io, che ho avuto un bisnonno deputato del Partito Popolare alla Costituente, una tessera del movimento giovanile socialista prima dei 18 anni, dovrei sentirmi a disagio in una piazza, molto più mia per tradizione e cultura, di chi evidentemente ha dimostrato con il suo rumoreggiare di non comprendere i suoi valori democratici? Perché il sindaco Bucci, un boy-scout cresciuto nella America liberale, quella America peraltro che tanta parte ha avuto nella nostra Liberazione, dovrebbe essere portatore di una cultura estranea a quella piazza? Allora, mentre si invoca il 25 aprile come elemento di unità, c’è chi continua ad abusare di quella piazza per attaccare l’avversario politico. E non è questa la negazione del 25 aprile stesso? Non è contraddire l’appello a riconoscersi tutti nella Costituzione, prima di dividersi nella democratica contesa politica?
Mi piacerebbe quindi sapere dai tanti soloni che hanno versato fiumi di inchiostro se quei fischi alle istituzioni democratiche elette dai cittadini sono la rappresentazione della città Medaglia d’oro alla Resistenza. E se non si può certo impedire a qualcuno di fischiare, più rumoroso dei fischi è il silenzio di chi quelle istituzioni dovrebbe difenderle, anche se non sono della sua parte politica. Anzi, a maggior ragione. Su questo non ho letto alcuna nota di condanna e una totale indifferenza rispetto a un gesto che a parti inverse avrebbe fatto gridare allo scandalo. Ma qui subentra il doppiopesismo, modello divita di una certa sinistra (e dei relativi megafoni mediatici): se il caso riguarda gli avversari, attacca, se riguarda i propri ambienti, sorvola, forte della perenne convinzione che ci siano dei migliori, sempre a sinistra, e dei peggiori, ovviamente a destra. Forse perché qualcuno ritiene che il 25 aprile sia solo per chi vota da una parte e non dall’altra. Il contrario del Fascismo infatti non è il comunismo ma la democrazia ed essere antifascisti significa essere democratici e la democrazia, se permettete, non è solo di sinistra ma anche di destra e di centro. Non si può pretendere di costruire una nuova Unità nazionale senza riconoscere a tutti il diritto (e il dovere) di parteciparvi. Tra tanti richiami al dopo guerra bisogna sempre ricordare che le divisioni da cui nasce la Costituzione Italiana, che quest’anno festeggia i suoi 75 anni, furono molto più profonde e dolorose di quelle di oggi. Sei Padri costituenti riuscirono a dare una Carta come la nostra significa che essi furono capaci di tolleranza e comprensione reciproche straordinarie. Quelle che sarebbero necessarie all’Italia di oggi.