Genova – Potrebbero essere quattro le scariche elettriche che hanno raggiunto Elton Bani, il muratore di 41 anni morto domenica scorsa a Manesseno, nle comune di Sant’Olcese. Lo avrebbe stabilito l’autopsia effettuata su disposizione del magistrato che segue il caso e che ha aperto un fascicolo di indagine iscrivendo i nomi di due carabinieri nel registro degli indagati.
L’esame medico legale accerterà, infatti, se la morte dell’uomo, che godeva buona salute ed aveva un fisico robusto, sia stata causata dalle scariche elettriche o se, invece, siano intervenuti altri fattori come problemi cardiaci o l’abuso di alcol o droghe che potrebbero aver compromesso il fisico della persona deceduta.
I risultati definitivi dell’autopsia si avranno soltanto tra 60 giorni quando il medico legale depositerà la sua relazione ma sembra emergere che Bani sia stato colpito da quattro scariche elettrice e che gli elettrodi – le punte in metallo lanciate dai taser delle forze dell’ordine – fossero conficcati nella schiena dell’uomo e non sulla parte frontale.
Confermati quindi più colpi sparati, probabilmente da tre diversi taser, uno dei quali, però, non ha raggiunto Elton Bani ma un altro carabiniere.
Sempre l’autopsia avrebbe riscontrato alcune lesioni traumatiche sul corpo di Bani, riconducibili alla colluttazione avuta con i militari e che comunque non potrebbero aver causato il decesso ma, soprattutto, avrebbero escluso gravi patologie cardiache che potevano aver scatenato una reazione fatale in presenza delle scariche lanciate dai taser in dotazione ai carabinieri.
L’arma, introdotta recentemente nella dotazione delle forze dell’ordine non senza forti polemiche per la sua possibile pericolosità, può causare attacchi cardiaci nelle persone predisposte anche se – secondo i costruttori – risulta “sicura” nel 99,7% dei casi di utilizzo.
Resta dunque da chiarire cosa abbia ucciso Elton Bani e se vi sia una responsabilità da parte di chi ha usato i taser.
L’arma viene considerata utilizzabile laddove la persona si comporti in modo violento ma non a livello da usare le armi da fuoco.
L’uso del taser, però, deve rispettare precise regole che gli operatori delle forze dell’ordine devono rispettare e sono addestrati in questo senso.
Non si possono colpire le persone alla testa ed alla parte alta del torace per proteggere cuore e cervello dai danni delle scariche, le scosse devono essere brevi e ripetute solo se la prima di avvertimento non ha avuto effetto.
Ora restano da stabilire le circostanze dell’uso dei taser e perché siano state necessarie più scariche e, ancora, se i taser abbiano colpito contemporaneamente o a più riprese.
L’analisi dei dati conservati nei singoli apparecchi, una sorta di “scatola nera” usata proprio per motivi legali e di tutela dell’uilizzatore e del colpito, potrebbero fornire altri preziosi elementi per chiarire quanto avvenuto domenica a Manesseno.
Il corpo di Elton Bani potrà intanto ritornare in Albania per i funerali e la famiglia, distrutta per quanto successo, chiede che venga fatta chiarezza e Giustizia.
Importante anche la testimonianza di chi era presente sul posto
Nelle prossime ore verranno ascoltati anche i vicini di casa di Bani e i testimoni della vicenda.
La prima ricostruzione vede Elton Bani agitato ed arrabbiato nelle vicinanze della sua abitazione a Manesseno. Viene chiamata un’ambulanza per capire se l’uomo si sente male o se è tutto a posto.
Il personale sanitario, però, chiede il supporto delle forze dell’ordine temendo che l’uomo possa essere pericoloso e si innesca una situazione che, purtroppo, avrà il triste epilogo.
All’arrivo dei carabinieri, infatti, Bani, che è “in prova” presso il fratello non vorrebbe essere identificato e mentre sale in casa per prendere i documenti, reagisce – secondo quanto dichiarato dai militari – aggredendoli.
Nella colluttazione vengono sparati più colpi di taser e l’uomo cade a terra privo di sensi.
Una rianimazione prolungata non lo salva dalla morte e ai soccorritori non resta che costatare il decesso.
Le circostanze fanno scattare una indagine della magistratura che viene avviata a tutela dei familiari della vittima e degli stessi carabinieri che vengono indagati come “atto dovuto” e che restano innocenti, come previsto dalla Giustizia italiana, sino a sentenza passata in giudicato.
Il provvedimento della iscrizione nel registro degli indagati non è di per sè – come scritto milioni di volte – una dichiarazione di colpevolezza, ma offre all’indagato la possibilità di nominare dei tecnici che possono assistere agli accertamenti irripetibili come appunto l’autopsia.
All’esame medico legale sul corpo di Bani erano infatti presenti i tecnici nominati dalla difesa e che hanno potuto verificare – a tutela degli indagati – le operazioni svolte.
Le indagini sui militari, infatti, hanno suscitato una animata discussione, soprattutto a livello politico, sulla sicurezza dei taser. Anche perchè si tratta del secondo decesso in circostanze simili avvenuto dopo quello di Olbia.
Polemiche strumentalizzate e spesso neppure comprese da chi scambia atti dovuti per persecuzioni e chi, spesso senza conoscere le circostanze in cui sono avvenuti i fatti, balza a conclusioni “di parte”.
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