Oxford – Un moderato consumo di carne non ha effetti negativi sulle aspettative di vita. Questo il risultato di uno studio dell’Università di Oxford, che ha analizzato le abitudini alimentari e il relativo stato di salute di 60.310 soggetti britannici adulti, tra cui “onnivori”, vegetariani e vegani. Secondo i risultati, chi consuma carne 5 o più volte a settimana ha il 30-45% di possibilità in più i contrarre cancro pancreatico o malattie respiratorie rispetto a chi la mangia 2 volte a settimana. Le possibilità di contrarre questo tipo di malattie invece addirittura raddoppia rispetto a chi si astiene del tutto dalla carne, mentre la differenza tra chi ne mangia poca e non ne mangia proprio è di circa del 10%. Le percentuali vanno ulteriormente contestualizzate. Secondo il Cancer Research UK, il consumo di carne incide per il 21% dei casi nella contrazione di tumore all’intestino, e per il 3% sul totale dei tumori contratti (contro il 21% del tabacco).
I risultati della ricerca sono stati pubblicati in una nota da Carni Sostenibili, associazione impegnata nel promuovere un consumo di carne responsabile. Obiettivo dell’associazione è anche ridimensionare l’allarmismo generato lo scorso autunno dal rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo di carni rosse. “Moderazione, all’interno di una dieta varia – si legge nella nota – è dunque la parola d’ordine per raggiungere il perfetto equilibrio nutrizionale. Un corretto modello alimentare deve prevedere, infatti, il consumo di tutti gli alimenti, senza nessuna esclusione, proprio perché solo dall’equilibrio si riesce a comporre il difficile mosaico di nutrienti, quotidianamente essenziali, per mantenersi in salute o per la crescita e lo sviluppo”.
“Occorre inoltre precisare, infine – aggiunge Carni Sostenibili – che gli studi e le linee guida in questione si riferiscono alle popolazioni britanniche e statunitensi, dove le abitudini alimentari sono diverse da quelle degli italiani. Essendo il consumo di carne in questi Paesi mediamente superiori ai nostri, per la popolazione italiana si può presumere che le conclusioni siano ancora più rassicuranti”.