Genova – Come nel caso delle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio, la ragazzina trovata morta in un prato a Chignolo d’Isola nel 2010, anche nelle indagini per il cosiddetto “delitto del trapano” c’è un ignoto 1 ovvero un codice genetico di cui si hanno alcuni riscontri ma non quello definitivo del vero proprietario. Un traccia emersa trattando con le nuove tecnologie le tracce di sangue trovate nel basso dove è stato trovato il cadavere massacrato di Maria Luigia Borrelli, la donna con una doppia vita che di giorno faceva l’infermiera e di notte si prostituiva nei vicoli per pagare un grosso debito contratto dal marito.
Un mistero rimasto tale per 29 anni e che ora potrebbe essere finalmente svelato grazie alle indagini riaperte e alle nuove metodologie di ricerca del Dna.
Gli investigatori hanno infatti identificato prima un uomo già condannato per omicidio e attualmente in carcere e poi, frugando nella sua famiglia, hanno trovato la persona cui corrisponde in pieno il Dna: un carrozziere che opera nella zona di Staglieno e che conosceva il primo indagato per l’omicidio.
In pratica il dna presenta una parte in comune con una persona già “registrata” perché condannata per omicidio e grazie a questo particolare gli inquirenti hanno ristretto il cerchio dei possibili sospettati sino ad arrivare ad un parente diretto che vive a Genova, frequentava il basso teatro dell’omicidio, fumava le sigarette della stessa marca di quelle trovare sul luogo del delitto e avrebbe il Dna corrispondente con quello trovato nelle tracce di sangue presenti sulla scena del delitto del 1995.
Indizi che, messi assieme, potrebbero trasformarsi in prove sufficienti ad una condanna per omicidio.
Il sospettato, ora agli arresti domiciliari, nega ogni addebito e dichiara di non conoscere la vittima.
Nelle prossime settimane le indagini proseguiranno per cercare un “movente” per l’omicidio che potrebbe nascondersi nell’attività di presta-denaro della vittima e nella passione per il gioco del presunto assassino.