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Rette per RSA, per il Consiglio di Stato la salute prima della contabilità

anzianoGenova – Il diritto alla Salute prevale sulla “contabilità” amministrativa. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3074 del 10 aprile 2025, che chiarisce il caso di una paziente lombarda che da anni è inserita in una struttura ligure accreditata.
La famiglia della persona si è rivolta al Consiglio di Stato a seguito di un contenzioso nel quale la ATS di Milano chiedeva in sostanza il pagamento delle rette della struttura per i periodi superiori a 40 giorni nei quali la persona si trovava a casa e non nella struttura.
A segnalare il caso Aduc, l’associazione diritti utenti e consumatori che evidenzia come “il Consiglio di Stato, Sezione III, sia intervenuto nuovamente su una questione che tocca il cuore del diritto alla salute: la compatibilità tra percorsi terapeutici personalizzati e rigidi vincoli amministrativi e finanziari posti dalle Regioni e dalle ATS”.
Il caso riguarda una paziente con grave patologia cronica residente in Lombardia, ma da anni inserita in un percorso riabilitativo presso una struttura ligure accreditata, percorso caratterizzato dall’alternanza di periodi di ricovero e permanenze al domicilio, che nel tempo ha prodotto risultati clinici positivi e stabilità del quadro patologico.
Secondo quanto riporta Aduc “la ATS di Milano – pur riconoscendo la validità del percorso terapeutico – ha rifiutato di riconoscere economicamente la permanenza del posto letto per i giorni durante i quali erano previsti i rientri a casa, invocando l’applicazione automatica di una clausola che prevedeva, per periodi di assenza in struttura, superiori a 40 giorni annui, un tetto massimo oltre il quale l’Amministrazione non assume oneri e le strutture si organizzano coi degenti e familiari per il pagamento”.
Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del TAR Lombardia n. 2061/2023, avrebbe respinto l’appello dell’ATS e adottato un’interpretazione sistematica della normativa che non ammette automatismi, invocando la possibilità di derogare al tetto finanziario in presenza di specificità clinico-assistenziali, previa valutazione della ASL competente.
“In definitiva – spiega Claudia Moretti, legale e consulente Aduc – la sentenza riafferma un principio chiaro: le regole amministrative, pur legittime, devono piegarsi laddove la loro applicazione formale compromette la tutela effettiva della salute, specie in contesti di fragilità psichica o cronica. E lo fa con una motivazione rigorosa, che unisce diritto, clinica e buon senso. La sentenza, inoltre, chiarisce il fatto che l’assenza dalla struttura non interrompa, ma faccia parte integrante, del percorso di cura. Anche se parrebbe una ovvietà e un principio di poco conto, significa guardare con occhi diversi alla malattia mentale grave e gravissima cronica ed alle soluzioni personalizzate che impone.
Non di solo ospedale, dunque, si occupa la sanità, e il paziente rimane paziente in ogni setting del proprio unico e individualizzato progetto di cura”.
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Redazione Liguria
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