Caso di meningite su Costa Magica
Caso di meningite su Costa Magica

Genova – Nuovi pensieri per Costa Crociere dopo la morte, a bordo di Costa Magica, durante una crociera nel Mediterraneo, di Marina Moncini, genovese di 64 anni, residente al Lagaccio.
I familiari della vittima hanno chiesto alla magistratura di far luce sulla morte della donna poichè i medici di bordo potrebbero non aver diagnosticato in tempo un caso di meningite che l’ha uccisa mentre avrebbe potuto forse salvarsi con un’adeguata cura farmacologica a base di “banali” antibiotici.
Il decesso è avvenuto lo scorso 23 ottobre mentre la donna era imbarcata su Costa Magica diretta alle isole Canarie. Una crociera tanto attesa e desiderata che, però, si è conclusa in un modo tragico.
Secondo il racconto dei familiari, ora al vaglio del magistrato che segue il caso, la donna ha iniziato ad accusare forti mal di testa e febbre alta e si sarebbe rivolta al personale medico di bordo per una visita.
Il medico avrebbe sottovalutato la gravità della situazione diagnosticando una semplice influenza, i cui sintomi inizialmente, sono simili a quelli di una infezione da meningococco.
La situazione si aggrava improvvisamente e, in poche ore, la donna muore.
Il corpo è stato sbarcato alle Canarie ma per una incredibile serie di disguidi, non è stato possibile effettuare i necessari controlli medico legali e così la famiglia, ma anche i 1500 passeggeri a bordo, non potrà sapere l’origine certa della malattia e neppure quale forma di meningite abbia ucciso la donna.
Un particolare di non secondaria importanza poichè, secondo la denuncia della famiglia, una possibile origine batterica avrebbe dovuto far scattare un’adeguata profilassi per gli altri passeggeri venuti a contatto con la donna.
Nei casi di meningite batterica, infatti, non è solo il paziente ad essere sottoposto a cure antibiotiche specifiche ma anche i familiari e tutte le persone che sono entrate in contatto con il malato.
Il rischio è quello di una epidemia. Ed è per questo che la Procura genovese ha inoltrato gli esiti dell’autopsia compiuta seppur in ritardo, all’organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che monitora i casi di infezione e valuta eventuali rischi di epidemie.