Genova – Lo hanno scoperto mentre cercava di nascondersi nel viale che circonda il carcere di Marassi, tra una cinta muraria e l’altra, quella più esterna.
Il tentativo di evasione è andato in scena questo pomeriggio e l’attenta sorveglianza della polizia penitenziaria ha evitato che un pericoloso rapinatore riuscisse a scappare.

A darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

Solidarietà e parole di apprezzamento per la professionalità, il coraggio e lo spirito di servizio dimostrati di poliziotti penitenziari di Marassi arriva da Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “E’ solamente grazie a loro – spiega Donato Capece, segretario generale del Sappe – se le carceri reggono alle costanti criticità penitenziarie”.

Il detenuto in fuga è un cittadino albanese condannato a 5 anni per rapina aggravata ed in attesa di essere estradato nel suo Paese per finire di scontare la pena.
Gli agenti di sorveglianza lo hanno bloccato nell’intercinta: dopo sarebbe fuggito.

“Ora il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria dovrebbe inviare un numero adeguato di agenti di polizia penitenziaria per fronteggiare la grave carenza di organico del reparto – spiega Capece – ma una riflessione deve essere fatta sula precaria sicurezza del carcere, denunciata anche in occasione di una mia recentissima visita in carcere giovedì scorso”.

Capece è netto nella denuncia sulle criticità penitenziarie del Paese: “Il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso, e le continue evasioni ne sono la più evidente dimostrazione. Capece evidenzia: “E’ vero quel che ha detto durante la consueta conferenza stampa di fine anno il presidente del consiglio Paolo Gentiloni: avere un sistema carcerario più moderno e più umano aiuta la sicurezza. Ma oggi la realtà in Italia non è affatto così. Oggi, nelle 190 prigioni del Paese, sono presenti oltre 58.000 detenuti, quasi 20mila dei quali sono gli stranieri, ossia ben oltre la capienza regolamentare, e gli eventi critici tra le sbarre (atti di autolesionismo, risse, colluttazioni, ferimenti, tentati suicidi, aggressioni ai poliziotti penitenziari) si verificano quotidianamente con una spaventosa ciclicità. Il sistema penitenziario, per adulti e minori, si sta sgretolando ogni giorno di più, con gravi ripercussioni sull’operatività delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria, umiliati dalle continue offese di una parte di ristretti intolleranti alle regole, all’ordine e alla sicurezza delle carceri”.

Netta è la denuncia del SAPPE: “Da tempo il SAPPE denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Per questo nelle carceri c’è ancora tanto da fare, ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.