ospedale Galliera padiglione C

Genova – Il padiglione C dell’ospedale Galliera potrebbe ospitare i posti letto del costruendo ospedale di emergenza covid nel padiglione Blu della Fiera di Genova.
Ne è convinto il consigliere regionale Ferruccio Sansa e ne sono convinti i firmatari della petizione on line presentata al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti per evitare che vengano sprecati fondi pubblici per lavori apparentemente inutili.

Si infittisce il “mistero” del Padiglione dell’ospedale Galliera in disuso da tempo ma già praticamente pronto per ospitare un eventuale reparto di emergenza coronavirus.
Il consigliere regionale Sansa ha fatto un “viaggio” dentro il reparto definendoli “tre piani ristrutturati e abbandonati”.
Sulle pagine social dell’ex candidato alla presidenza della Regione Liguria il report di quanto visto.
Eccolo:

“Mancano gli spazi!”, chiede un medico di Villa Scassi in prima fila nella battaglia contro il Covid.
Vero, almeno a guardare i poveri malati di covid uno sopra l’altro nei pronto soccorso di San Martino e, appunto, Villa Scassi.
In tanti allora a Genova hanno chiesto di destinare ai malati di covid il padiglione C del Galliera. Quella struttura ristrutturata pochi anni fa con milioni di euro pubblici e lasciata al suo destino. Il padiglione che, secondo il progetto del nuovo ospedale, andrebbe demolito.
Come consigliere regionale ho facoltà di ispezione delle strutture sanitarie. Sono così andato nei giorni scorsi a visitare il padiglione C del Galliera.

La struttura consta di otto piani. Di questi cinque sono occupati da ambulatori per le visite mediche e da aule per gli studenti. Il punto, però, sono tre piani che paiono del tutto inutilizzati.
Ci sono stato e vi consiglio di guardare le fotografie che ho scattato.
I tre piani contano decine di stanze ognuno per centinaia di metri quadrati. Sono in stato di abbandono e in pratica sono un magazzino di materiale sanitario: letti, macchinari per gli esami, microscopi, attrezzature apparentemente anche nuove.
Le strutture interne, per quanto abbandonate, sembrano in buono stato, fornite delle attrezzature necessarie come l’impianto dell’ossigeno. I bagni paiono quasi nuovi, in condizioni migliori di tanti ospedali.

Ho parlato con i vertici del Galliera. La loro risposta è stata questa: “Il padiglione C non è adatto a ospitare malati di covid perché distante dal resto dell’ospedale. Non ha poi scale anti incendio e i due montacarichi non garantiscono separazione di percorsi per malati e sani. Noi abbiamo spazi adeguati per il covid nel corpo centrale del Galliera, manca però il personale. Il problema sono le persone e non gli spazi”.

Restano legittimi dubbi, anche di fronte a operazioni come quella della nave anti covid dove, riferisce un medico, “prestava servizio anche personale del Galliera”.
A chi legge la libertà di formarsi un’opinione.

Resta un punto che non riguarda l’emergenza Covid. Per la ristrutturazione del padiglione C sono stati spesi in epoca recente oltre 10 milioni di euro pubblici. Adesso tre piani della struttura con relative attrezzature sono lasciate a prendere polvere.
E per il futuro l’idea è di abbattere tutto per realizzare il nuovo Galliera (e anche abitazioni) Per questo progetto sono stati impegnati decine di milioni di euro pubblici (oltre 50). Sarebbe perciò necessaria una chiarezza assoluta sul piano urbanistico (in particolare la destinazione dei vecchi e splendidi padiglioni) e su quello finanziario.
Vista la sorte del padiglione C non si possono scommettere al buio altre decine di milioni. Soprattutto bisogna sgomberare il campo dal dubbio, sollevato da molti, di un’operazione immobiliare sostenuta con denaro pubblico.

Resta infine una domanda: è giusto investire nel Galliera piuttosto che in un ospedale del Ponente? Come ricorda l’epidemiologo Valerio Gennaro, a Ponente vivono oltre 100mila persone. Ma ci si ammala di più e si vive meno che nel resto della città. Esiste un muro della salute che divide Genova in due. Mentre mancano le strutture sanitarie per curare e prevenire le malattie. E le poche che c’erano chiudono o rischiano di finire ai privati.