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Manifesto contro la pillola RU486 a Genova, lo sdegno delle donne

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Genova – Il controverso manifesto di una associazione para-cattolica contro la pillola RU486 è arrivato anche nel capoluogo ligure scatenando un nuovo diluvio di polemiche tra favorevoli e contrari alle campagne che generano un forte impatto sull’immagine della donna.
Il manifesto, apparso in due diverse zone della città, mostra una donna sdraiata a terra e priva di sensi e accanto a lei una mela morsicata e il messaggio: “prenderesti mai del veleno” riferito alla pillola abortiva RU486.

Una campagna che ha subito scatenato la reazione dell’associazionismo femminista e non solo. Gran parte della politica di centro sinistra ha criticato duramente la nuova decisione del Comune di Genova di non opporre un rifiuto alla domanda di affissione del messaggio “fortemente divisivo” per usare una frase del sindaco Marco Bucci.

“Anche questa è violenza contro le donne” è la denuncia di LineaCondivisa che, in un posto diffuso sui social, punta il dito contro le scelte della civica amministrazione.

“La campagna mediatica finanziata dall’associazione anti-scelta, simpaticamente denominata “Pro Vita & Famiglia” – scrive LineaCondivisa – sta invadendo gli spazi (pubblici e privati) di tutta Italia. Questi manifesti minano la libera scelta delle donne e compromettono il diritto all’autodeterminazione di tutti. Diffondono informazioni false, paragonando la RU-486, farmaco che permette di effettuare l’aborto farmacologico senza bisogno di ricorrere a un ricovero ospedaliero, al veleno. Consolidano stereotipi sessisti secondo i quali le donne sono delle Biancaneve inermi dal vestito bianco, incapaci di scegliere sulla propria vita e sul proprio corpo in maniera cosciente e consapevole”.

Secondo LineaCondivisa i manifesti vanno rimossi e ne illustra i motivi.

“Volete diminuire ulteriormente il numero di IVG? – spiegano – Facciamo educazione alla sessualità nelle scuole e assicuriamo una distribuzione capillare a costi accessibili per tutti degli anticoncezionali”.

“Una donna si trova comunque nella condizione di essere incinta e di voler interrompere la gravidanza? – aggiunge LineaCondivisa – ha il diritto di farlo. E lo Stato ha il dovere di garantirle l’accesso all’IVG che preferisce”.

Sull’argomento è intervenuta anche Sara Tassara, consigliere municipale del gruppo Prossimo Medio Ponente, autrice, nel 2018 di una interpellanza al Sindaco Bucci riguardo uno dei primi manifesti ProVita apparsi a Genova.

“E ci risiamo – scrive Tassara su Facebook – A maggio del 2018 appare in Corso Buenos Aires un aberrante manifesto del movimento dei cosiddetti “Provita”, contro l’aborto; un’affissione lesiva dei diritti delle donne, che non considerava in alcun modo la legge 194 e che, come sempre, faceva passare le donne che decidono di ricorrere all’aborto come delle assassine. Il Sindaco Bucci anche allora, tanto per cambiare, fece spallucce, invocando la tanto vituperata “libertà di espressione”, che strumentalmente viene bene quando si tratta di difendere integralisti ultra cattolici, ma meno piace quando si tratta di tutelare, per esempio, il Pride e i diritti della comunità LGBTQ+”.

Tassara chiese al primo cittadino delle spiegazioni sul regolamento delle affissioni nel Comune di Genova poiché in altri Comuni in cui era comparsa la stessa campagna Pro Vita, il manifesto era stato rimosso grazie all’adeguamento del Regolamento comunale in materia di affissioni, in linea con le direttive europee, includendo il seguente articolo, cui devono attenersi obbligatoriamente tutte le affissioni sul territorio comunale:
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“​E’ vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto contenga stereotipi e ​​​​disparità di genere, veicoli messaggi sessiste, violenti o rappresenti la ​​​​mercificazione del corpo femminile.
E’ altresì vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo del ​​​​rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso, ​​​dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale e dell’identità di gene​​​re, delle abilità fisiche e psichiche”.

“Dopo varie indagini – spiega Tassara – risultò che il Regolamento Comunale del Comune di Genova in materia di affissioni, non riporta alcun riferimento rispetto al divieto di esposizione pubblicitaria di contenuto sessista, discriminatorio o lesivo nei confronti delle pari opportunità.

Per questo motivo nell’interrogazione presentata al Sindaco era stato inserito questo passaggio: “si impegna il sindaco e la Giunta comunale ad adeguare il Regolamento Comunale alle normative internazionali, con particolare riferimento alla Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione europea qui allegata, inserendo un articolo che proibisca l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto contenga stereotipi e disparità di genere, veicoli messaggi sessiste, violenti o rappresenti la mercificazione del corpo femminile, onde garantire che sul territorio comunale non si ripeta l’affissione di manifesti dal contenuto altamente sessista e discriminatorio”.

“Secondo voi ho mai ricevuto una risposta? – domanda Sara Tassara sulla sua pagina Facebook – A giudicare da questo manifesto osceno, apparso in questi giorni in corso Aurelio Saffi (dopo essere stato affisso a Milano) direi proprio di no.  Ma questa diventa oggi una battaglia di tutti e no, non ci fermeremo”.

Redazione Liguria
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