Genova – Una comunicazione con cui si chiederebbe ai tecnici addetti alle verifiche su ponti e viadotti di non utilizzare determinate parole nelle loro relazioni. L’ha acquisita il Tribunale di Genova durante il processo per il crollo del ponte Morandi che ha causato la morte di 43 persone e danni incalcolabili alla città di Genova. Una prova che potrebbe essere determinante, se confermata nel suo contenuto e significato, per accertare l’influenza che i vertici di Autostrade per l’Italia e la controllata Spea, incaricata delle verifiche, avrebbero avuto su chi doveva effettuare i controlli sulle strutture.
Della comunicazione – una email diretta ad un tecnico – si aveva avuto notizia già nel corso di un interrogatorio ma ora i giudici che seguono il caso ne hanno ordinato l’acquisizione e il documento entra a far parte del già copioso faldone del materiale probatorio e, se verificata e giudicata attendibile, potrebbe diventare una “prova” dal peso consistente.
In pratica, secondo quanto dichiarato da uno dei testimoni ascoltati in aula, ci sarebbero state delle parole “da non usare” nelle relazioni che i tecnici producevano al termine dei controlli. Secondo l’accusa una prova che i report sulla sicurezza erano “addolciti”.