Il Cairo – E’ morto stroncato da un violento e fulminante attacco di cuore lo ha ucciso all’età di 83 anni, in un ospedale del Cairo, Omar Sharif, l’attore egiziano che fece sognare milioni di spettatori in tutto il mondo nei panni del Dottor Zivago e di Lawrence d’Arabia.
Omar Sharif si è spento dopo l’ultima battaglia contro il morbo di Alzheimer che lo tormentava da tempo, come aveva annunciato suo figlio Tarek El-Sharif, quando lo scorso maggio 2015 aveva raccontato ai media come il padre ormai si confondesse nel ricordare alcuni dei più grandi film della sua carriera, scambiando spesso i fans che lo fermavano per strada per vecchi conoscenti.
Il suo vero nome era Michel Dimitri Shalhoub, figlio di genitori libanesi, nasce ad Alessandria d’Egitto. Diplomato all’inglese Victoria College, laureato in matematica e fisica al Cairo, scopre il cinema quasi per caso nel 1953. Lo nota un giovane regista, Youssef Chahine, e per il suo ‘Lotta sul fiume’ lo sceglie a fianco di una diva dell’epoca, Faten Hamama. Il successo personale prelude a un doppio grande amore: quello per Faten che lo sposerà due anni dopo e quello per il cinema. In otto anni interpreta oltre 20 film, tra cui ‘La castellana del Libano’ e ‘I giorni dell’amore’ arrivano anche sui nostri schermi; per ottenere il consenso dei genitori della sposa si converte all’Islam e sceglie il nome che lo accompagnerà per la vita, Omar El Sharif. Così si presenta a David Lean che sta scegliendo il cast per “Lawrence d’Arabia” nel 1961: parla l’inglese e il francese senza imbarazzo, si comporta come un occidentale, ma ha negli occhi il furore del Mediterraneo. Il suo ruolo sarebbe da comprimario, ma lo plasma fino a farne l’autentico eroe senza macchia dell’intera epopea. La nomination all’Oscar del ’63 è la naturale conseguenza e gli apre le porte di Hollywood. Ciononostante le scelte successive dell’attore sono, a dir poco estemporanee. Arriva in Italia con il suo fascino esotico per ‘polpettoni’ come ‘La caduta dell’impero romano’, un ‘Marco Polo’ e un ‘Gengis Khan’, transita per Hollywood con film non memorabili (‘Una Rolls Royce gialla’), si salva per merito del suo pigmalione. Lean lo traveste da russo per l’adattamento del “Dottor Zivago” nel 1965. Il successo è planetario, accompagnato da un Golden Globe che a sorpresa non va di pari passo con la candidatura all’Oscar. nvece Omar Sharif sceglie il piacere della vita: torna in Europa per ‘C’era una volta’ di Francesco Rosi, veste i panni di un ufficiale tedesco per “La notte dei generali” di Anatole Litvak (ancora in coppia con O’Toole, ma stavolta l’eroe è Sharif), canta con Barbra Streisand in ‘Funny Girl’ e si innamora istantaneamente della diva americana. Poi si inventa Arciduca asburgico per ‘La tragedia di Mayerling’, veste i panni del ‘Che’, dilapida i guadagni e la fama finendo nel calderone dei western all’italiana (‘L’oro dei McKenna’), va in Francia (‘Diritto d’amare’), ritrova la Streisand in ‘Funny Lady’ (1975). Sono passati poco più di dieci anni dal primo successo internazionale e Omar Sharif ha già visto tutto del cinema mondiale. Intanto ha imparato l’italiano, parla il greco e il turco, ha pubblicato il suo primo manuale di bridge ed è entrato nella lista dei ‘top players’ del gioco al quale si dedica completamente. Dovrà aspettare l’incontro con il francese Francois Dupeyron, per ritrovarsi. Il film è “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” che emoziona il pubblico e la giuria alla Mostra di Venezia nel 2003 dove Omar Sharif riceve il Leone d’oro alla carriera.