Genova – Che trivellazioni sottomarine alla ricerca del petrolio potessero destabilizzare il sistema nervoso di specie marine come quella dei cetacei non è mai stato confermato scientificamente, ma gli ultimi dati forniti dalla “Credima” (Centro per le Indagini sui Mammiferi marini spiaggiati, ndr) e dalle Università di Pavia e Milano sembrerebbero fornire un resoconto molto dettagliato di questo possibile rapporto di “causa-effetto”.
Il “Credima”, centro con sede principale a Genova e facente parte dell’IZSTO (Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, della Valle D’Aosta e della Liguria, ndr), ha recentemente ribadito la possibile interdipendenza tra gli spiaggiamenti e l’influsso delle trivellazioni sottomarine, aggiungendo a questo scenario anche un dato in controtendenza sino agli anni passati.
Risulterebbe infatti che un fattore legato all’aumento degli spiaggiamenti potrebbero essere anche le più frequenti alluvioni, con riferimento sia a quelle avvenute sul territorio ligure sia sul territorio nazionale.
I dati degli ultimi 14 mesi (da gennaio 2015 a febbraio 2016, ndr), sulla base della banca dati sugli spiaggiamenti elaborata dagli atenei di Pavia e Milano, parlano di 156 cetacei arenati sulle spiagge italiane, con le tre regioni maggiormente interessate dal fenomeno che risulterebbero essere la Sicilia (28), la Toscana (21) e l’Emilia-Romagna (24).
La Liguria è stata interessata dallo spiaggiamento di una decina di stenelle striate, tutte ritrovate sulle coste tra Imperia e Savona, esemplari su cui è stato spesso difficile fare delle analisi di natura autoptica al fine di comprenderne le cause della morte.
Se molti cetacei o molluschi parrebbero arenarsi e morire in cause ignote, per molti altri l’influsso delle trivelle, delle vibrazioni e delle sostanze inquinanti giunte in mare in conseguenza delle alluvioni diventerebbero possibili spiegazioni del fenomeno “spiaggiamenti”.