Londra – Che il caffè non faccia male come le credenze popolari hanno sempre sostenuto è stato ormai provato. Ma gli studi che continuano a essere condotti sulla bevanda portano sempre a nuovi risultati, e sono tutti a suo favore. Gli ultimi due, pubblicati contemporaneamente, ovvero quello portato avanti dagli esperti della IARC (International Agency for Research on Cancer) e dell’Imperial College di Londra, condotto su un campione di oltre mezzo milione di persone in dieci paesi europei, e quello dell’University of Southern Califonia, che ha preso in esame 185mila persone tra afroamericani, nippoamericani, latinoamericani e caucasici, hanno portato ai medesimi risultati.
Sembrerebbe infatti che chi beve tre tazzine di caffè al giorno avrebbe una vita più lunga rispetto a coloro che non lo bevono. I soggetti che hanno partecipato alla ricerca sono stati tenuti sotto osservazione per circa 16 anni, registrando le cause dei decessi di ognuno di essi. Sulla base delle informazioni raccolte, è stato osservato che l’abitudine di bere regolarmente caffè ha ridotto il rischio di morte degli individui, soprattutto per quanto riguarda le malattie dell’apparato digerente e quelle legate alla circolazione. I benefici della bevanda sarebbero da legare alle proprietà antiossidanti delle sue molecole, che hanno un probabile effetto benefico sul fegato e sull’intero organismo.
L’unità di misura, tra l’altro, sarebbe quella della cup americana, pari a 235 ml, mentre le nostre tazzine sono molto più piccole, circa 40 ml, quindi per l’espresso italiano le quantità possono anche essere aumentate rispetto alle tre tazze a cui lo studio si riferisce. Gli effetti benefici per l’organismo sarebbero stati registrati anche sul consumo di caffè decaffeinato, visto che non sono direttamente collegati alla caffeina, ma agli antiossidanti assunti insieme alla nera bevanda.
Marc Gunter, uno dei coordinatori della ricerca, ha affermato che «Penso che ciò che si possa dire con sicurezza sia che bere caffè può essere parte di una dieta sana», ma di non esagerare con il consumo perché è ancora plausibile che la riduzione del tasso di mortalità sia da imputare anche ad altri fattori, magari non presi in esame dallo studio effettuato.