Genova – Fegino ricorda il disastro del cedimento di un oleodotto della Iplom e attende ancora la bonifica dei torrenti invasi dal petrolio, due anni fa esatti. Era il 17 aprile del 2016 quando un cedimento di una condotta aveva fatto riversare un enorme quantitativo di idrocarburi nelle acque del torrente Fegino e Pianego che poi, scorrendo a valle, finì nel Polcevera.
La mobilitazione era stata grande, con mezzi di protezione soprattutto ad evitare che il petrolio finisse in mare e poi, via via risalendo, lungo i due rii. Nel frattempo case evacuate per i miasmi e famiglie con malori per le esalazioni tossiche.
Subito dopo l’emergenza, però, qualcosa si è inceppata e la burocrazia ha rallentato, sino a bloccarle del tutto, le operazioni di bonifica.
I residenti denunciano la presenza di idrocarburi ancora oggi, quando piove molto o nelle giornate particolarmente calde ma i sensori non evidenziano dati preoccupanti sebbene – secondo le denunce dei residenti – non siano posizionati nei punti dove il fenomeno è più evidente.
Quello che balza agli occhi, però, è che nei rivi non ci sono più pesci, rane e altre forme di vita un tempo abbondanti e poi via via diminuite mano a mano che l’uomo si “prendeva” pezzi di campagna per farne case e quartieri.
I residenti chiedono che venga chiarita la situazione e avviata la bonifica promessa mentre la burocrazia fa il suo corso e il tempo passa inesorabile.