Genova – Arriverà solamente tra un mese, salvo ulteriori richieste di proroga, la perizia dei tre consulenti nominati dal Tribunale di Genova per analizzare i risultati del super-laboratorio svizzero che ha analizzato i reperti del ponte Morandi alla ricerca della causa del crollo che ha causato 43 morti. Tempi necessari, secondo i periti, per analizzare con cura l’enorme massa di dati che sono stati evidenziati dalle analisi e dagli esperimenti fatti.

Secondo indiscrezioni, però, sembrerebbero emergere evidenti i segni di un ammaloramento del ponte, uno stato di deterioramento della struttura che potrebbe essere alla base del cedimento che, lo scorso 14 agosto, ha provocato il disastro.

I materiali inviati al centro, infatti, presenterebbero segni dell’azione del tempo e della salsedine per la vicinanza relativa con il mare.
Se venissero confermate le indiscrezioni bisognerà chiarire come mai tali segni, se così evidenti, non abbiano fatto scattare l’allarme e i necessari interventi di manutenzione o addirittura la chiusura del tratto.

Particolari che solo l’indagine potrà accertare con le eventuali responsabilità.
Intanto è scontro tra i magistrati e gli incaricati della demolizione e ricostruzione sulla tecnica da adottare per rimuovere ciò che resta del ponte Morandi ed in particolare per il troncone ovest da cui inizierebbero le operazioni.
L’uso dell’esplosivo, infatti, provocherebbe un eccessivo sminuzzamento dei detriti e renderebbe difficili eventuali altre perizie e analisi. Per questo motivo i Pm avrebbero chiesto di procedere con la demolizione “a taglio” che garantirebbe la conservazione di possibili prove per il processo.
Una tecnica che rallenterebbe e molto le operazioni di demolizione.