ponte morandi tramontoGenova – Al via questa mattina, alle 9, al Palazzo di Giustizia, il processo vero e proprio per il crollo del ponte Morandi che, il 14 agosto del 2018 costò la vita a 43 persone e provocò danni incalcolabili alla città di Genova, alla Liguria e all’Italia intera. Alle 9 i tre giudici, i 59 indagati e gli avvocati di oltre 350 parti civili saranno in aula per dare avvio alla prima udienza del processo che parte già con il sospetto che molti dei reati in giudizio risulteranno in prescrizione al momento della chiusura, prevista per il 2024, a 6 anni dal tragico crollo.
Una circostanza che indigna i familiari delle vittime e gran parte dei cittadini italiani che si aspettano invece che il processo faccia giustizia su uno degli episodi più gravi e sconvolgenti della storia delle Autostrade italiane e non solo.
Suscita forti perplessità anche la decisione di non far riprendere il processo dalle Tv, da fotografi  dai Media. Il Tribunale ha infatti deciso che sarà possibile fare riprese solo prima delle udienze e all’esterno del Tribunale mentre non sarà possibile trasmettere in diretta o in differita le fasi cruciali del processo come le testimonianze e le deposizioni degli indagati.
Non sarà possibile neppure diffondere le riprese effettuate direttamente dal Ministero dell’Interno attraverso un circuito di video-ripresa che dovrà essere realizzato per consentire alle centinaia di persone coinvolte e al pubblico, di assistere al processo come previsto dalla Legge.
Contro la decisione del Tribunale protestano l’Ordine dei Giornalisti, l’associazione Ligure dei Giornalisti e il Gruppo Cronisti Liguri che credono che venga leso, in questo modo, il diritto dei cittadini italiani di essere informati sul processo in maniera trasparente e completa.

Le accuse, gravissime, se dimostrate, potrebbero chiarire che, per anni, i vertici di Autostrade per l’Italia, all’epoca dei fatti del Gruppo Benetton, sapeva del pericolo imminente e non intervenne per evitare il disastro, limitandosi alla manutenzione minima.
Responsabilità condivisa con aziende specializzate in questo tipo di analisi e con il Ministero dei Trasporti che ha l’onere dei controlli sulla correttezza dell’operato del Concessionario.
Una responsabilità penale che andrà accertata e che potrebbe costare carissima – in termini di condanne – agli indagati ma che non potrà trasformarsi in “risarcimenti” poiché lo Stato italiano ha accettato (e pagato profumatamente) la cessione di Autostrade per l’Italia alla cordata composta principalmente dalla Cassa Depositi e Prestiti, ovvero lo stesso Stato italiano che dovrà quindi sostenere le spese dei risarcimenti dopo aver finanziato – sempre con i soldi degli italiani – la ricostruzione del ponte e dell’emergenza.

Una Giustizia, quindi “già limitata” per molti osservatori e che rischia di diventare “beffa” perché il processo inizia a quasi 4 anni di distanza dai tragici fatti e dopo la prima udienza è probabile che ci sia la consueta “pausa estiva” per poi riprendere con tre udienze a settimana ma a settembre.
La durata del processo fa temere che molti dei reati oggi contestati cadranno in prescrizione prima che arrivi la sentenza. Una circostanza che trasformerebbe in insostenibile nuovo schiaffo alle 43 vittime del crollo e ai familiari di quanti, quel tragico 14 agosto 2018 persero un affetto nella tragedia.