Genova – Ha ammesso, seppur parzialmente, le sue responsabilità nella morte della moglie Sharmin Sultana, Ahmed Mustak, 44 anni, a processo per il presunto omicidio della donna, trovata morta sotto le finestre della sua abitazione e inizialmente considerata vittima di un suicidio.
L’uomo ha ammesso di aver litigato con la donna e di averne causato la morta ma “non intenzionalmente” bensì afferrandole un piede, durante la lite, mentre lei tentava di dargli un calcio, e facendola cadere all’indietro. Purtroppo la donna avrebbe battuto violentemente la testa contro uno strumento tradizionale in pietra, il Pata Puta, che viene usato per macinare le spezie usate per cucinare.
Sharmin Sultana sarebbe morta sul colpo e l’uomo, in preda al panico, avrebbe organizzato il finto suicidio facendola cadere dalla finestra.
Inizialmente il caso era stato considerato effettivamente un gesto estremo ma poi i sospetti delle amiche, che avevano raccontato di frequenti litigi causati dall’uomo che non voleva che la moglie usasse i social per parlare con amiche e persone e che non voleva che la donna uscisse e men che meno trovasse un lavoro, cosa che Sharmin aveva invece intenzione di fare.
E proprio il giorno seguente alla tragedia la donna aveva appuntamento per un colloquio di lavoro e l’ipotesi è che questa fosse la motivazione del violento litigio che ha portato alla morte della donna, secondo l’accusa un vero e proprio omicidio.
Era stato il figlioletto della coppia, ascoltato in ambiente riservato e con l’ausilio di personale specializzato, a raccontare particolari che hanno fatto pensare ad un piano organizzato per nascondere un delitto.
A pesare sull’uomo anche il fatto di aver cambiato versione dei fatti, simulando il suicidio e raccontando una versione che inizialmente aveva convinto gli inquirenti.
Nelle prossime udienze verranno ascoltati parenti ed amici della donna che potrebbero fornire una ricostruzione più precisa dei rapporti tra i coniugi che, secondo l’amica che per prima aveva sospettato del marito, litigavano duramente da almeno 7 mesi e la situazione era degenerata quando Sharmin Sultana aveva contattato il centro anti violenza e aveva deciso di trovare un lavoro.