Genova – Proseguono i colpi di scena nelle udienze del processo per l’assassinio di Nada Cella, la ragazza di 24 anni massacrata nell’ufficio del commercialista Marco Soracco, a Chiavari, la mattina del 6 maggio del 1996. La ricostruzione del delitto è stata fatta in aula grazie alle testimonianze di alcuni investigatori che seguirono il delitto all’epoca dei fatti e che ora sono in pensione.
Il “colpo di scena”, l’ultimo in ordine di tempo, il fatto che l’aggressione ai danni di Nada sarebbe iniziata nell’ingresso dell’ufficio, dove la giovane sarebbe stata colpita con un fermacarte, e poi sarebbe proseguita nella stanza dove la vittima lavorava e dove potrebbe aver tentato di correre per chiamare soccorso con il telefono. Qui l’assassino la avrebbe finita colpendola ripetutamente con un corpo contundente identificato, nelle ipotesi investigative, in una pinzatrice in metallo.
A scatenare l’assassinio – sempre secondo le ipotesi investigative – il rifiuto che Nada Cella dava, su ordine del suo datore di lavoro, il commercialista Soracco, a trasferire le telefonate che l’attuale indagata per l’assassinio, faceva al commercialista, in uno stalking che sarebbe stato motivato dal desiderio di prendere il posto di Nada nel lavoro e forse negli interessi affettivi di Soracco.
Il ripetuto diniego alle richiesta di passare le chiamate sarebbe stato interpretato dall’indagata, per una scelta della “rivale” di tutelare la propria posizione.
In aula sono state ricostruite passo a passo le dinamiche dell’aggressione, i colpi inferti e la terribile serie di ferite inflitte alla povera Nada che alla fine sarebbe stramazzata a terra morendo in un lago di sangue.
Sangue che sarebbe stato ripulito, almeno in parte, dalla madre di Soracco, Marisa Bacchioni, uscita definitivamente dal processo dopo che la difesa ne ha dimostrato lo stato di salute ormai precaria e l’impossibilità di “stare in processo” stante un declino psico-fisico dovuto all’età avanzata.
Particolari che, insieme alle molte novità sulle molteplici “stranezze” nelle indagini dell’epoca, destano grande interesse nell’opinione pubblica ma che dovranno essere comprovate e supportate da elementi di prova oltre che da ricostruzioni eda un quadro indiziario che potrebbe aver bisogno di essere rafforzato.
Di certo emergono errori e dimenticanze come il ritrovamento, nella casa dell’attuale indagata, già entrata e subito uscita dalle prime indagini, di bottoni molto simili a quello trovato insanguinato sul luogo del delitto e mai identificato tra gli oggetti dell’ufficio o dell’abbigliamento di Nada Cella.
Bottini che vennero ritrovati ma mai evidenziati dalle indagini e che solo ora emergono con le nuove indagini.
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