Genova – Con la richiesta di condanne per quasi 400 anni complessivi, a carico degli imputati nel processo per il crollo di Ponte Morandi e con i 18 anni chiesti per l’ex amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, il Comitato dei parenti delle Vittime osserva e denuncia uno “strano” comportamento dei Media che seguono la vicenda processuale e, in particolare, il fatto che alcuni ne scrivano “minimizzando” le accuse e le responsabilità degli indagati.
“In questo delicato momento – spiega Egle Possetti, portavoce del comitato vittime Ponte Morandi – dopo le richieste da parte dell’accusa, nel processo per la strage del Ponte Morandi, come si poteva facilmente immaginare, assistiamo ai tentativi di snaturare il lavoro dell’accusa e degli inquirenti, di minimizzare il lungo elenco delle omissioni, dei falsi, del mancato lavoro ma, non da ultimo si cerca di affievolire la reale gravità dei fatti che hanno portato al crollo di quel maledetto ponte”.
“Sentiamo parlare – prosegue Possetti – di imputati paragonati a santi immolati sull’altare della giustizia senza avere, a loro modo di vedere, delle colpe”.
Possetti e i componenti del Comitato si riferiscono a Testate giornalistiche che parlano di “processo tritacarne mediatico che li ha già condannati”.
“Noi – spiega Possetti – pensiamo che i cittadini abbiano il diritto di conoscere tutti i fatti e le motivazioni che hanno portato a questa strage, noi non vogliamo il clamore, ma non possiamo restare silenti quando si cerca mediaticamente di manipolare la realtà o quando si vorrebbe negare questo “orrore”. E’ strano il nostro paese, spesso la giustizia viene valutata in base alla propria convenienza, senza averne spesso rispetto”.
Secondo il comitato, invece “il lavoro per le richieste di pena della Procura di Genova coglie perfettamente nel segno elaborando fedelmente gli elementi d’accusa che non sono certamente “piccole prove”. L’impianto accusatorio è solido, e quanto emerge è di una tale gravità ed ignavia da giustificare appieno le richiesta di pene elevate per i vari reati”.
Il comitato delle vittime del Ponte Morandi ricordsa che il legislatore prevede una forbice di pena da un minimo ad un massimo e che “questi reati hanno cagionato la morte di 43 persone, e non dobbiamo dimenticare che le potenziali vittime avrebbero potuto essere molte di più, la gravità delle deficienze, note da anni, hanno messo in pericolo milioni di persone ed è corretto che la richiesta abbia teso al massimo. D’altronde la Procura ha ampiamente e lungamente argomentato su quali siano state le ragioni logiche e giuridiche che hanno condotto a quella quantificazione di pena, non basata su impulsi emotivi, ma su una puntuale interpretazione delle norme e le difese avranno il tempo nelle prossime udienze di portare il loro punto di vista”.
Secondo Possetti poi “purtroppo è anche necessario contestare l’affermazione che abbiamo sentito, secondo cui negli anni per il controllo del ponte vennero coinvolti “i massimi esperti tecnici”, in effetti ci sono stati dei tecnici, alcuni con limitate competenze, altri che le competenze le avrebbero avute ma non sono stati ascoltati, sono stati allontanati o tacitati, tutto è sempre relativo, i migliori tecnici, forse non avrebbero permesso che il ponte fosse lasciato aperto all’utenza in quelle condizioni”.
Secondo il comitato non sarebbero state ascoltati nemmeno gli allarmi del progettista di questo ponte, l’ing. Morandi che purtroppo ebbe ben chiaro quale sarebbe stato l’epilogo senza interventi.
“Questa richiesta di pena – spiega ancora Possetti – a nostro modo di vedere, focalizza anche l’attenzione su quanto abbiamo da troppo tempo dimenticato in questo paese, che dovrebbe essere inciso sulle pietre, un buon manager, non può essere colui che procura solo utili enormi, ma un buon manager è colui che lavorando per produrre utili adeguati non metta mai in pericolo la sicurezza dei propri dipendenti e degli utenti che usufruiscono dei suoi servizi, sembra elementare ma in Italia spesso facciamo molta fatica a ricordarlo, e soprattutto fanno fatica gli azionisti ad accettarlo”.
“Questo è il nodo della questione – continuano al Comitato – certo i responsabili dei vari livelli non hanno impugnato una pistola, ma con la loro condotta hanno causato una strage assurda e chiaramente anche da loro stessi annunciata, era scritto chiaro anche nei documenti aziendali. Ma a questo punto di cosa stiamo parlando? Ricordiamo anche che le pene richieste sono proporzionate alle responsabilità in capo ad ogni singolo imputato e non sono distribuite a pioggia. Noi non parliamo con l’acredine di chi ha perso delle persone care che nessuna pena giudiziaria, il tempo od altro potranno mitigare, non abbiamo mai fatto le vittime, non abbiamo mai urlato, non abbiamo mai messo il nostro dolore davanti alla giustizia, parliamo come cittadini che pretendono la verità, che pretendono di avere chiarezza e comprendere esattamente cosa sia avvenuto.
Questa è stata una strage di STATO perché lo stato con i suoi funzionari non ha vigilato, non ha corretto, non ha preteso, ha solo chinato la testa.
Nessuno di noi sarà felice quando le pene saranno definitive, anche se ancora mancano molti passaggi e molto tempo alla fine del terzo grado, ma le pene sono dovute, sono dovute per correggere la rotta di questo paese, sono dovute perché chi avrebbe dovuto prevenire, intervenire e vigilare contro questo scempio e non lo ha fatto.
Noi ci ricorderemo degli imputati in aula che a volte con arroganza, freddezza si sono arroccati a difendere posizioni indifendibili, ci ricorderemo anche le lacrime di qualcuno, le scuse di altri e non saremo felici se qualcuno di loro avrà pene detentive perché tutto questo POTEVA e DOVEVA essere evitato con serietà, con competenza e con meno avidità, ma forse sarebbe stato un sogno sperarlo qui ed ora.
Ci ricordiamo anche che il nostro ordinamento concede benefici anche a chi è condannato con pene importanti, sono previsti e lo saranno anche per questi imputati se eventualmente condannati, loro potranno avere benefici come sconti di pena, arresti domiciliari, lavori socialmente utili, per le vittime che purtroppo non ci sono più, avendo fede, i benefici ci saranno in Paradiso, in mezzo ai veri “Santi”, per noi familiari ci sarà una enorme mancanza, incolmabile fino alla fine dei nostri giorni e queste sono le differenze.
Il compito ora, certamente non semplice, spetta ai giudici, hanno gli elementi dell’accusa, avranno gli elementi completi delle difese, delle parti civili e nella loro specchiata imparzialità decideranno.
Noi abbiamo fiducia e dovranno averne anche gli imputati perché nessuno vuole nulla più di quanto giusto”.