Milano – Una Soft Therapy per sconfiggere la dipendenza da alcol anche nelle persone che hanno già provato a smettere. La nuova procedura è stata presentata al 47° concresso della Società Italiana di Psichiatria e si basa su una riduzione graduale del consumo di alcolici invece della consueta totale astensione che causa nei pazienti frequenti ricadute.
Terapie di gruppo, incontri individuali e sostegno farmacologico sono alla base del nuovo approccio alla dipendenza da alcolici.
Si calcola che, in Italia, ci sia un milione di persone alcoldipendenti e 8 milioni di bevitori a rischio e il consumo di alcolici è correlato a circa 60 tipi di patologie psichiatriche ed internistiche mentre le diagnosi ospedaliere per patologie attribuibili totalmente all’alcol hanno superato nel nostro Paese le 80mila unità.
Lo Stato Italiano spende circa 22 miliardi per le cure e non viene conteggiato il costo “sociale” fatto di violenze, divorzi, disagio familiare e lavorativo oltre alle sempre più numerose vite perse in incidenti stradali.
Il problema della dipendenza da alcol è un problema diffuso e importante che però non trova ancora una facile soluzione visto che solo una piccola parte delle persone dipendenti ricorre ai servizi sanitari.
Quando poi iniziano un percorso di cura, in oltre 2 casi su 3 ricadono nella dipendenza o nell’abuso entro i primi 12 mesi di trattamento o non raggiungono l’astensione.
Uno dei motivi all’origine delle ricadute risiede nella soluzione finora prospettata a chi vuole risolvere il problema: l’astensione totale e immediata.
“Per coloro che hanno iniziato un percorso di cura il mantenimento dell’astensione rappresenta spesso un obiettivo
troppo difficile da raggiungere. La conseguenza è che ricadono nel problema – spiega Luigi Janiri, professore di Psichiatria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – ci sono peraltro altre ragioni per cui molti pazienti ritornano a bere. Ad esempio non sono consapevoli delle gravi conseguenze che l’abuso di alcol può avere sulla loro salute. In altri casi non riescono ad abbandonare l’alcol perché questo rappresenta un lubrificante sociale, uno strumento spesso insostituibile per facilitare le relazioni sociali consentendo di superare, ad esempio, la timidezza. In altri casi, l’alcol è lo strumento per vincere ansia e depressione, spesso all’origine della dipendenza e
che con essa coesistono”.
Una soluzione alternativa all’astensione esiste e si chiama Soft Therapy. A differenza dell’astensione, la Soft Therapy non prevede l’eliminazione totale e immediata dell’alcol dalle abitudini del paziente ma piuttosto la sua progressiva riduzione. Ciò è garantito dai tre interventi simultanei su cui l’approccio si basa: la somministrazione di un farmaco specifico con l’indicazione per la riduzione del consumo di alcol in pazienti ad alto rischio – terapia riabilitativa di gruppo o colloqui individuali con il medico orientati alla riduzione del consumo.
“Si tratta di un approccio importante che ci consente di mantenere in cura chi potrebbe ritornare a bere, arginando così il fenomeno delle ricadute – sottolinea ancora il Prof. Janiri – L’approccio graduale della Soft Therapy offre infatti l’opportunità di essere più facilmente accettato da chi non riesce a mantenere l’astensione, motivandolo a proseguire nel percorso”.
La Soft Therapy è stata adottata dal Prof. Janiri a partire dal 2014 presso il Day Hospital di Psichiatria e Farmacodipendenze del Policlinico “A. Gemelli” di Roma ed è attualmente utilizzata anche in diversi altri Centri del nostro paese specializzati nel trattamento delle alcoldipendenze. L’esperienza terapeutica del Gemelli è ad oggi
decisamente positiva.
“Nei pazienti finora trattati e che arrivavano da fallimenti del percorso di astensione abbiamo riscontrato percentuali di successo o di mantenimento in trattamento prossime al 100% – conclude Janiri – Hanno infatti ridotto il numero di giorni di consumo eccessivo, migliorato le loro relazioni sociali e la loro qualità di vita complessiva. E si tratta dei tre parametri principali su cui viene valutata l’efficacia della Soft Therapy. Siamo propensi peraltro a pensare che i risultati che stiamo ottenendo “mettano al riparo” questi pazienti da ulteriori ricadute verso consumi eccessivi e dannosi di alcol”.
L’altro importante vantaggio offerto dalla Soft Therapy è la possibilità di ridurre l’impatto complessivo dell’alcoldipendenza sulla salute dell’individuo e sulla società.
“Un paziente che riduce in maniera sostanziale il consumo di alcolici, come avviene con la Soft Therapy – aggiunge Giovanni Martinotti, ricercatore universitario presso l’Università D’Annunzio di Chieti – non sperimenta le conseguenze dannose ed estreme prodotte dal loro consumo eccessivo, con la possibilità di ridurre anche in modo significativo il rischio di sviluppare sia patologie alcol correlate quali cirrosi, tumori e malattie cardiovascolari sia la mortalità legata all’abuso di alcol”.
Gli effetti positivi della riduzione del consumo si manifestano anche a livello di problematiche psichiatriche specialmente in soggetti per i quali esiste una “doppia diagnosi”: problemi psichiatrici e alcoldipendenza.
“Un elevato consumo di alcol – conclude Martinotti – ha come conseguenza quella di enfatizzare in modo molto marcato una serie di disturbi quali depressione, ansia o attacchi di panico. In assenza di eccessi alcolici o con una loro riduzione attraverso la Soft Therapy questi disturbi possono avere invece manifestazioni meno marcate o rimanere latenti. Non sono poi da trascurare gli effetti sulla riduzione dei danni sociali. Ridurre l’alcol comporta ad esempio, non solo meno incidenti e violenze ma anche meno problemi sul lavoro, legali e finanziari, e una riduzione
dei congedi per malatti”.