Genova – Nessuna speranza di guarigione per Tafida, la piccola cittadina inglese arrivata ieri all’ospedale Gaslini per un “viaggio della speranza”.
Dopo le visite mediche previste dopo l’arrivo della piccola dall’Inghilterra, i medici del Gaslini hanno espresso forte perplessità e speranze pressoché nulle sulla possibilità che la piccola possa guarire poichè il danno cerebrale è molto esteso e non ci sono possibilità di rimedio in casi così particolari.
Nelle prossime ore, quindi, la piccola verrà sottoposta ad una tracheotomia – l’apertura di un passaggio nella gola per fare passare i tubi per la respirazione artificiale – e una stomia gastrica ovvero un canale che consenta l’accesso di un tubo che porta l’alimentazione forzata direttamente nello stomaco invece di passare attraverso il naso.
Procedure che lasciano capire che non si prevede la possibilità della piccina di respirare o di alimentarsi in modo autonomo.
Il trasferimento all’ospedale Gaslini diventa quindi l’occasione per la speranza in un miracolo, ovvero in qualcosa che la Scienza non può spiegare e certamente non può produrre o nell’accompagnamento ad una vita che, per la giurisprudenza inglese e per i nuovi orientamenti di quella italiana, tale non è più.
La Giustizia britannica aveva infatti emesso una sentenza con la quale autorizzava i medici dell’ospedale dove Tafida era ricoverata dopo un danno cerebrale a seguito di un intervento chirurgico, a “staccare le macchine” che la tengono in vita anche contro il parere e la volontà dei genitori.
Un caso terribile in cui il riconosciuto diritto ad evitare cure inutili e sofferenze legate ad uno stato di malattia incurabile, collide con quello dei genitori a “decidere” di chiedere cure mediche che assomigliano più ad un accanimento terapeutico.
L’offerta dell’ospedale italiano di accogliere la piccola per un consulto medico e per la possibilità di eventuali cure mirate alla guarigione, hanno riaperto la discussione e un altro giudice britannico ha salomonicamente deciso che i genitori di Tafida hanno il diritto di consultare altri medici poiché gli stessi esperti inglesi non escludono la possibilità che la paziente possa vivere in queste condizioni, pur senza alcuna speranza di guarigione, per decenni.
La Giurisprudenza italiana ha recentemente acquisito le istanze delle associazioni che chiedevano il diritto a regolamentare il “fine vita” e il divieto di accanimento terapeutico laddove non vi sia alcuna speranza di guarigione ma solo l’effettivo prolungamento della vita.
Per questo motivo – secondo le associazioni che difendono il diritto ad una “dolce morte”, il caso di Tafida non dovrebbe essere considerato “viaggio della speranza” ma l’ennesimo caso in cui interessi politici e di organizzazioni religiose si scontra con il diritto all’autodeterminazione dei Cittadini.
Ora l’attenzione è puntata su due passaggi “fondamentali”:
il primo è la risposta del Ministero dell’Interno alla richiesta di concessione della cittadinanza italiana a Tafida, che consentirebbe di caricare le spese per le cure mediche della bambina sul sistema sanitario italiano – con tutte le riserve che la procedura comporterebbe sul piano legale e con il “precedente” che potrebbe trasformare l’Italia in una destinazione per tutti i bambini con gravi problemi di salute presenti un tutto il Mondo
Il secondo è la risposta di Papa Francesco alla richiesta di visita, formulata dalla famiglia della piccola.
Il Papa si è infatti più volte espresso contro l’accanimento terapeutico e lo strapotere della Scienza sul diritto al naturale decorso delle malattie e una eventuale visita del Pontefice alla piccola genererebbe un “corto-circuito” nel passaggio storico appena realizzato con il riconoscimento della possibilità di interrompere le cure laddove non vi siano speranze di salvezza o, peggio, la presenza di un inutile accanimento terapeutico.