api aliene porto di GenovaGenova – Sono un terzo delle loro “colleghe” italiane ma avrebbero potuto causare un altro disastro nel delicato equilibrio delle biodiversità. Le api “aliene” – dal latino “diverso”, “estraneo” – trovate nel porto di Genova sono state catturate dai volontari dell’associazione degli apicoltori ALPA Miele Liguria e “congelate” nel vero senso della parola. Una misura necessaria per quanto dolorosa per chi, per lavoro o per passione, dedica gran parte del proprio tempo alla loro conservazione.
Le api appartenevano al genere Apis Florea, tipica della zona dell’Indonesia ma diffuse anche in India da cui sono arrivate.
Un viaggio di oltre 20 giorni “attaccate” ad un container, come farebbero in Natura, proteggendo la Regina con una “palla” vivente di corpi. Una formazione militare che ben dimostra l’organizzazione sociale delle api in genere.
Ad accorgersi dell’insolito carico alcuni camalli molto attenti alla conservazione dell’ambiente e di sensibilità encomiabile visto che, potenzialmente, potrebbero aver evitati l’ennesimo disastro ambientale.
Lo sciame è stato segnalato all’associazione Associazione Ligure Produttori Apistici (AlpaMiele Liguria e per fortuna alcuni dubbi su forma e colore delle api ha fatto scattare l’allarme che si è concretizzato quando le foto dello sciame sono state inviate a due docenti universitari che hanno confermato che non si trattava di api “autoctone” e neppure di sottospecie europee o africane ma, bensì, di api che, in Italia, proprio non dovrebbero starci.
L’emergenza si è acuita quando è risultato evidente che c’era una regina potenzialmente in grado di nidificare, proliferare e generare altre regine ed altre colonie attivando – questo il pericolo da scongiurare – un altro cataclisma nella biodiversità come l’invasione delle vespe velutine o di quelle “orientalis” o, peggio, di portare parassiti come la varroa distructor (nomen omen dicevano i latini, nel nome un presagio) che è sbarcata in Europa proprio dall’India e si è diffusa creando danni enormi all’apicoltura che si pagano a caro prezzo anche oggi.

“Nella giornata di ieri – si legge nella nota di AlpaMiele – una segnalazione che sembrava di routine ha scatenato preoccupazione e il rapido intervento di rimozione.
Lo staff tecnico si è subito reso conto dalle foto inviate che non si trattava di Apis mellifera, sono stati immediatamente contattati il professor Porporato del DISAFA (UniTo) e il Dottor Porrini di UniBo che hanno confermato il riconoscimento di Apis florea; l’ultimo tassello è stata la provenienza del container su cui le api erano posizionate: l’India”.

Dopo un viaggio di circa 20 giorni lo sciametto era incredibilmente ancora vivo, la raccolta non ha presentato particolari difficoltà se non la tendenza ad alzarsi in volo se disturbate (Apis mellifera ha una “tenuta del favo” decisamente maggiore) e zero punture.
L’inevitabile destino di queste api alloctone è di finire in congelatore e in seguito nelle collezioni entomologiche dei vari enti coinvolti, compreso il Museo di Storia Naturale G. Doria”.

Anche se non rappresentano un pericolo diretto come Vespa velutina, predatrice di api ormai presente in tutta la Liguria, in Toscana e Piemonte, non si poteva correre il rischio che si stabilisse una nuova specie di api in Italia quindi la difesa della biodiversità e degli ecosistemi locali ha imposto il triste epilogo della vicenda.
Apis florea, detta ape nana, è una specie presente in Asia, in particolare in Indonesia, ha le dimensioni di circa un terzo delle nostre api (Apis mellifera ligustica), costruisce un unico favo, è di indole docile, tende ad abbandonare il nido se disturbata.
Con quest’ape non viene praticata apicoltura ma occasionalmente viene raccolto l’unico favo contenente miele e covata.
In Italia entrano ogni anno centinaia di specie alloctone: secondo i dati ISPRA la media di introduzione ha avuto una crescita costante negli anni, fino ad arrivare a 3.367 specie attualmente presenti in Italia, con un aumento in 120 anni del 500%.