Evaristo Scalco omicidio freccia GenovaGenova – Andrà agli arresti domiciliari in una abitazione di sua proprietà in provincia di Varese Ernesto Scalco l’uomo che ha scoccato la freccia mortale che ha ucciso un 41enne che stava festeggiando la nascita del figlio. I familiari di Javier Miranda Romero accettano la decisione del giudice ma ammettono una forte delusione e sperano ancora di avere giustizia.
Non hanno ancora letto la lettera di scuse che Scalco ha fatto arrivare loro e tramite gli avvocati fanno sapere di aver dovuto accettare la somma di 10mila euro che l’indagato per omicidio avrebbe offerto a titolo di parziale risarcimento. Una decisione sofferta ma resa indispensabile dal fatto che la compagna di Javier Miranda Romero è rimasta da sola, senza un lavoro e con il figlio da crescere.
I familiari non riescono ancora a credere che l’uomo che ha ucciso con una freccia, nella notte tra il 1 e 2 novembre, Javier mentre festeggiava la nascita del figlio possa essere “a casa” dopo pochi mesi di reclusione e sperano che la Giustizia, una volta concluso il processo, faccia il suo corso, riportando il responsabile in carcere.
Quella tragica notte, infatti, la decisione folle di lanciare una freccia contro l’uomo di 41 anni, venne perché tra i due era scoppiata una lite per presunti schiamazzi. La vittima stava camminando con un amico dopo la serata di festeggiamenti per la nascita del figlio e forse potrebbero aver “fatto rumore” in vico Rosa dove è poi avvenuta la tragedia.
Enrico Scalco, dopo averli redarguiti ha risposto con un dardo mortale, con una speciale punta che provoca lesioni terribili che ha provocato una lunga e dolorosa morte per dissanguamento per la vittima.
Non è ancora detto, però, che il responsabile riesca a ottenere i domiciliari poiché, per farlo, dovrebbe ottenere anche l’uso di speciali braccialetti elettronici che segnalano l’eventuale allontanamento dal domicilio e permettono una rapida individuazione in caso di fuga. Materiale elettronico che scarseggia negli Uffici della Giustizia italiana anche se l’ordinamento ne prevede l’utilizzo per ridurre l’affollamento in carcere e per ridurre il fenomeno della carcerazione preventiva laddove l’imputato non sia ancora stato condannato.