Chiavari – Ancora un colpo di scena nelle indagini per l’omicidio di Nada Cella, la giovane massacrata nell’ufficio dove lavorava nel maggio del 1996. Dopo il ritrovamento dei bottoni raccolti sul luogo del delitto e mai seriamente entrati nelle indagini dell’epoca, sarebbero stati ritrovati altri reperti conservati presso gli archivi dell’Unità per i delitti irrisolti di Roma.
Si tratterebbe di materiale raccolto all’epoca del delitto ma che, ancora una volta, non sarebbe stato preso nella dovuta considerazione all’epoca delle indagini e sarebbe rimasto negli archivi per tutto questo tempo prima di essere ri-scoperto.
Tutto il materiale è stato consegnato al genetista che da mesi sta analizzando i reperti per cercare di arrivare ad una svolta, attesa ormai da 26 anni, nell’identificazione della persona che quel giorno entrò nell’ufficio del commercialista Marco Soracco, a Chiavari, e massacrò Nadia Cella.
Un delitto sino ad ora irrisolto e che vede come unica indagata una insegnante che da allora vive in Piemonte e che era già entrata nelle indagini all’epoca dei fatti per uscirne scagionata poco dopo. Un finale che potrebbe ripetersi se non si troveranno corrispondenze tra il suo DNA e quello trovato nell’ufficio di Nada Cella e su diversi oggetti recuperati.
Al momento la pista resta ferma sul fatto che il dna è femminile ma non ci sono gli elementi necessari ad attribuire all’attuale indagata la responsabilità del delitto.
Altre indiscrezioni di stampa parlerebbero anche di un “testimone” ascoltato all’epoca dei fatti e poi “dimenticato” e che potrebbe rappresentare una risorsa nelle nuove indagini mentre sembra destinata a restare anonima la voce della donna che all’epoca dei fatti chiamò diverse persone, tra cui la mamma di Marco Soracco, per fornire elementi preziosi per le indagini ma che, senza una identificazione della persona, resteranno solo “indizi”.