Liguria – Un invasione di miele prodotto all’estero, spesso con problemi di tracciabilità e sicurezza alimentare, a far concorrenza a prodotti di eccellenza, di altissima qualità e genuinità ma che, costando di più, vengono acquistati molto meno.
E’ l’allarme lanciato dai produttori di miele e di prodotti dell’apicoltura come pappa reale, polline e propoli.
Secondo i dati raccolti da Coldiretti, in Italia, nel 2024, sono arrivati ben 25 milioni di chili di miele dall’estero con un aumento del 16% rispetto agli anni precedenti.
Una concorrenza fatta spesso con prezzi inferiori ai 3 euro al chilo che sono “inspiegabili” – oltre che irraggiungibili – per i produttori locali che parlano di costo di produzione non inferiore a 10 euro al chilo per i piccoli produttori che sono la stragrande maggioranza del settore, almeno in Liguria dove si contano circa 2mila apicoltori su tutto il territorio regionale.
Alle prese con il cambiamento climatico che ha già più che dimezzato la produzione, con l’invasione della varroa – acaro “importato” dall’asia e con la diffusione incontrastata della vespe velutina, che distrugge interi apiari, gli apicoltori della Liguria (come quelli di tutta Italia ormai) vedono sempre più fosco il futuro del settore se non verranno presi importanti provvedimenti per la salvaguardia delle eccellenze liguri ma anche della salute dei Consumatori.
Cresce infatti anche il livello della “sofisticazione” del miele, con il mercato mondiale invaso da milioni di tonnellate di miele che non si sa dove (e come) viene prodotto e che spesso non è altro che sciroppo di zucchero mescolato con miele per eludere i controlli che non sono approfonditi “in ingresso” in Italia.
Un fiume di miele che entra nel nostro Paese attraverso “triangolazioni” che permettono di aggirare e verifiche che, in genere, si concentrano su paesi “a rischio”.
Il miele sofisticato o comunque a prezzi bassissimi e “sospetti” arriva dalla Cina e dall’Asia e viene spedito prima in Paesi meno sotto controllo e poi invasettato o rispedito in Italia ed in Europa, attraverso complicati passaggi di acquisto e rivendita che “cancellano” le tracce dell’origine del miele.
Una vera e propria truffa commerciale che mette a rischio i consumatori perché nei Paesi extra UE non ci sono le stesse regole per l’uso di prodotti chimici anche molto pericolosi, e soffoca i produttori italiani che da tempo chiedono controlli accurati in ingresso su tutti i carichi di miele in arrivo ma anche sugli scaffali dei supermercati e negli stabilimenti di invasettamento.
Si chiede da tempo anche una etichettatura che permetta al consumatore di sapere esattamente quello che contiene il barattolo e l’origine reale dei prodotti.
Inoltre i produttori di miele chiedono una politica di reale incentivo e informazione del consumo del prodotto italiano e locale perché più sano e controllato rispetto a quello importato.
È vero che la Direttiva Breakfast dell’UE impone etichette chiare per indicare il Paese di origine del miele e garantire la tracciabilità del prodotto – ad esempio, il miele prodotto interamente in Italia deve riportare la dicitura “Miele Italiano”, mentre per miscele UE o extra UE vanno specificati i Paesi di provenienza – ma bisogna comunque tenere alta la guardia nei confronti di una concorrenza sleale che arriva a prezzi stracciati e rischia di mettere all’angolo i produttori italiani e locali, simbolo di una tradizione lunga millenni.
I produttori ricordano che la produzione del miele – quindi il costo sostenuto da un apicoltore locale – non scende mai al di sotto dei 6-10 euro al chilo e dunque un miele venduto al di sotto di quelle cifre, già bassissime, dovrebbe quantomeno insospettire.
Gli apicoltori italiani si domandano come sia fisicamente possibile vendere miele a 2-3 euro al chilo e non può essere solo una questione di manodopera.
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