Roberta Repetto

Genova – Il medico arrestato per la morte di Roberta Repetto, la donna morta in seguito ad un tumore non diagnosticato scatenato dall’asportazione di un neo su un tavolo da cucina della comunità Anidra di Borzonasca, è ancora ufficialmente “in servizio” presso l’ospedale di Manerbio dove opera come chirurgo e dove ha la qualifica di dirigente di un reparto.
Il consiglio di amministrazione dell’ospedale non si è ancora riunito e non ha ancora disposto la sospensione cautelativa del medico dal suo incarico come di solito avviene in questi casi ed in attesa della sentenza del processo.
L’uomo, Paolo Oneda, 48 anni, è accusato di essere l’autore materiale dell’operazione di rimozione di un neo della donna poi deceduta e di non aver disposto l’esame istologico che avrebbe scoperto il tumore in atto ma, soprattutto, è sospettato di non essere intervenuto quando la donna ha iniziato a manifestare sintomi che avrebbero dovuto preoccupare un medico di esperienza come lui.
Secondo le ipotesi accusatorie, infatti, la donna sarebbe stata “rassicurata” sino all’ultimo e indotta a non rivelare a nessuno quanto avvenuto e, nel caso, di sostenere di aver rifiutato lei l’esame istologico sul neo rimosso.

Le indagini avrebbero anche scoperto che la donna, malata di tumore, sarebbe stata curata con “tisane e meditazione” sino alla morte, avvenuta tra indicibili sofferenze.
Sotto indagine anche quanto avrebbe scritto, senza sollevare azioni disciplinari, sul suo profilo Facebook dove avrebbe affermato che, per il covid, la migliore cura è la calma.

Insieme a lui è indagato il santone della comunità Anidra, che ha sedi in diverse regioni d’Italia ed è indagato anche per accuse di violenza sessuale e plagio e la compagna del medico, psicologa e psicoterapeuta, che avrebbe assistito il marito nell’operazione di rimozione del neo.

La comunità Anidra respinge le accuse di essere una “setta” e nega che siano avvenuti episodi di violenza sessuale o di circonvenzione di incapace all’interno della sua struttura, accreditata anche al Ministero dell’Istruzione come Università Popolare.

Ecco il testo della smentita

I soci e i collaboratori del Centro Anidra si dichiarano estranei ai fatti di cronaca che vedono coinvolti come indagati il Prof. Paolo Bendinelli, il Dott. Paolo Oneda e la Dott.ssa Paola Dora. Esprimiamo la nostra umana solidarietà per la gogna mediatica che stanno subendo e auspichiamo che la magistratura possa fare chiarezza nel più breve tempo possibile sui fatti contestati. In attesa i soci e i collaboratori del Centro Anidra rimangono fedeli al principio della presunzione di innocenza stabilito nella nostra Carta costituzionale.
Inoltre, smentiamo alcune ricostruzioni di fantasia che vorrebbero i soci e i collaboratori del Centro Anidra consapevoli della malattia di Roberta prima che le fosse diagnosticata, tutto ciò non corrisponde al vero.
Così come non corrisponde al vero l’immagine di una ragazza soggiogata e manipolata in quanto la nostra amica Bobby, ancor prima che socia e collaboratrice, era una persona perfettamente capace di intendere e di volere, libera di autodeterminarsi e indipendente nelle proprie scelte. La sua presenza presso il Centro era abituale durante i fine settimana mentre durante la settimana viveva e lavorava a Chiavari presso l’azienda di famiglia, organizzava corsi di yoga con la sua scuola di formazione, viaggiava e incontrava tantissime persone. Pertanto, lasciar intendere che fosse “prigioniera” della struttura non corrisponde al vero perché Roberta Repetto viveva una vita normale come tutti noi nella totale libertà di movimento e autodeterminazione.
Il Centro Anidra smentisce altresì di aver ricevuto una multa di 30mila euro da parte dei Carabinieri del NAS trattandosi invece di una semplice diffida a modificare alcune etichette alimentari, poste su dei barattoli di marmellata, secondo le prescrizioni indicate dalla stessa autorità. Pertanto, nulla a che vedere con la pulizia dei locali, la qualità degli alimenti e le procedure di preparazione degli stessi.
Il Centro Anidra, a tutela dell’immagine e del decoro professionale di ciascun socio e collaboratore, ha conferito mandato all’Avv. Andrea Vernazza del Foro di Genova affinché tuteli i soci in ogni sede competente da ogni azione minacciosa, diffamatoria o calunniosa nei loro confronti