Borzonasca – Nessun Santone, nessuna setta e nessuna riduzione in schiavitù. La Comunità Anidra si difende dopo gli arresti per la morte di Roberta Repetto, la donna di 40 anni che, secondo le ipotesi investigative sarebbe morta di tumore dopo essere stata operata nel centro e non curata adeguatamente.
La Comunità Anidra invia una lettera alle Redazioni dei Media che si stanno occupando del caso, che vede anche indagini per sospetta riduzione in schiavitù, violenza sessuale di gruppo e circonvenzione, per “lanciare un appello “in riferimento ai fatti di cronaca che vedono indagati alcuni membri del Centro Anidra di Borzonasca (GE) e che attualmente sono oggetto di pruriginosa attenzione da parte dell’intera comunità locale e nazionale”.
“Siamo i primi a voler capire cosa sia realmente successo – scrive la comunità – ma non dimentichiamo che le eventuali responsabilità penali sono personali e chi è sotto inchiesta è e deve rimanere innocente fino a prova contraria. Invece, contro di noi, soci, dipendenti, collaboratori, frequentatori del Centro Anidra, seppur né accusati né indagati di alcunché, si è scatenata una gogna mediatica senza precedenti”.
Nella lettera la Comunità spiega di ricevere “continue minacce” anche di morte.
Secondo la lettera inviata alle Redazioni dei Media l’inchiesta in corso, gli arresti e le ricostruzioni riportate sarebbero “la narrazione del “Santone” che dirige una “setta” riducendo in “schiavitù” i suoi “adepti” e non aiuterebbe il pubblico a capire ma, piuttosto, “lo induce a considerare una intera comunità, umana e professionale, nessuno escluso, colpevole ancora prima di una sentenza e tutto ciò è profondamente ingiusto”.
“Il Centro Anidra – prosegue la lettera – è un agriturismo, una scuola di formazione, una fattoria didattica e sociale, e negli anni abbiamo sempre lavorato con passione e sacrificio per poter realizzare qualcosa di bello e di utile per tutti i nostri ospiti. Durante la pandemia sono tantissime le persone che ci hanno chiesto di poter venire a vivere e lavorare qui. Abbiamo vinto premi, concorsi, bandi pubblici. È sufficiente cliccare sul nostro sito per vedere e capire, ma il pubblico si accontenta di un titolo, di una narrazione, non approfondisce”.
“Oggi – secondo la lettera – il Centro Anidra è percepito come un luogo infernale, orrendo e perverso, una narrazione che non ci appartiene per cultura, formazione e senso di civiltà.
La magistratura accerterà se qualcuno ha sbagliato ma gli altri fino a prova contraria sono innocenti, compresi tutti quelli che hanno trascorso qui le loro giornate di festa e di riposo, tutti quelli che seguono i nostri corsi, tutti quelli che sono passati qui e hanno lasciato un messaggio di affetto e di stima per il nostro lavoro, tutti quelli che qui ci lavorano investendo nella loro crescita umana e professionale”.
“Siamo tutti innocenti – prosegue la lettera della Comunità – e abbiamo paura perché molte persone hanno fatto di tutta l’erba un fascio considerandoci degli assassini che meritano di morire. Chi è stato qui ha visto e capito con i suoi occhi la nostra realtà sociale. Ha potuto vedere che il Centro Anidra non è una “setta” che non esistono “santoni” e che nessuno viene ridotto in “schiavitù”. Le nostre porte sono sempre state aperte a chiunque e vogliamo aprirle anche voi operatori dell’informazione perché non abbiamo nulla da nascondere, venite qui a vedere, sarete nostri ospiti, capirete la realtà sociale ed economica che rappresenta il Centro Anidra”.
La lettera viene inviata a seguito delle indagini di cui potete leggere qui sotto
Donna morta dopo asportazione di un neo, il medico è ancora in carica in ospedale – Liguria Oggi